Bimba morta nel bosco, chiesto l'ergastolo per la madre


Per l'accusa gli indizi sono schiaccianti. Quella compiuta dalla donna sarebbe stata un'«eliminazione spietata»
Per l'accusa gli indizi sono schiaccianti. Quella compiuta dalla donna sarebbe stata un'«eliminazione spietata»
BERNA - Sono trascorsi più di due anni dal delitto che ha scosso il quartiere Papillon, a Niederwangen (BE). Era il febbraio del 2022 quando, in un bosco vicino Berna, veniva trovato il corpicino di una bambina di 8 anni. Le indagini ricostruirono una modalità tanto semplice quanto cruenta: uccisa con una pietra. Tutti gli indizi portavano a una persona, la madre della piccola.
L'accusa: omicidio - Quest'ultima, oggi 32enne, è a processo con l'accusa di omicidio. Si tratta del primo grado di giudizio per la donna che continua a dichiararsi innocente: «So di non essere stata io», ha sottolineato questa mattina davanti al Tribunale di primo grado di Berna-Mittelland, esprimendo il sospetto che possa essere stato un suo ex partner ad aver teso un agguato alla piccola.
In lacrime, ha insistito sostenendo di aver amato la figlia più di ogni altra cosa, ribadendo i sacrifici fatti per permetterle una vita tranquilla, non trascurando di trascorrere del tempo in sua compagnia. Centinaia di foto sul suo cellulare, come ha fatto notare il suo avvocato, documenterebbero questo amore incondizionato.
Indizi schiaccianti - Eppure gli indizi contro di lei sembrano schiaccianti. Poche settimane prima della morte della bimba, era stata lasciata dal suo compagno. Non ha nascosto di sentirsi fragile e vulnerabile in quel periodo. Eppure ha sostenuto di non aver mai voluto dare alla figlia l'idea di sentirsi indesiderata.
Su questo punto regge tuttavia la tesi del ministero pubblico. L'impegno di essere madre avrebbe sopraffatto la donna single, togliendole di fatto la libertà di uscire e divertirsi. In sostanza avrebbe ucciso per ragioni prettamente egoistiche.
Secondo la tesi dell'accusa, avrebbe attirato la bambina nel bosco al tramonto con un pretesto. Qui aveva precedentemente creato un piccolo nascondiglio fatto di rami. Insomma, ci sarebbe stata la premeditazione. Tesi, questa, che troverebbe conferma nelle ricerche in rete effettuate dalla madre giorni prima, dove interrogava il motore di ricerca sull'ora del tramonto.
Ci sarebbe anche un testimone, un ragazzo di dodici anni che ha raccontato alla polizia di aver visto le due mentre si recavano nel bosco. Infine ci sono le tracce di DNA della donna sul grosso masso usato per uccidere la piccola.
Dopo il reato, la donna avrebbe simulato la sorpresa nello scoprire che la figlia non era rientrata a casa e, assieme alla madre, si sarebbe messa a cercarla. Trovato il corpicino, hanno poi allertato l'ambulanza.
Nessun disturbo mentale - Secondo l'imputata, solo «una persona malata» potrebbe compiere un atto simile. «Non necessariamente», ha replicato il perito psichiatrico in tribunale. Per l'esperto non è necessario che vi sia una malattia mentale dietro una simile brutalità. La perizia effettuata sulla donna, d'altra parte, non ha rilevato disturbi psichiatrici rilevanti. Si evince solo la provenienza da un ambiente conservatore e un grande desiderio di libertà. Fatto, questo, che potrebbe essere stato causa di conflitti interiori. Emerge anche la difficoltà nell'instaurare una relazione di coppia duratura.
«Eliminazione spietata» - Per l'accusa, insomma, è stata un'«eliminazione spietata». Lo dimostra l'aver voluto condurre la madre sul luogo dell'omicidio mettendola di fronte allo scempio sul corpo della nipote. Dalle indagini di polizia non emerge alcuna prova plausibile che possa ricondurre a terzi. Gli indizi sono tutti a carico della donna, compresa la prolungata e inusuale inattività del suo cellulare nell'ora in cui sarebbe avvenuto il delitto. Per tutte queste ragioni la richiesta di pena è stata la più severa: ergastolo.
La sentenza, che seguirà l'arringa della difesa, è attesa per il 13 giugno.