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SVIZZERA

Quei pannelli solari svizzeri che portano l'acqua sotto le bombe

Una missione elvetica si occupa di garantire un accesso equo alle risorse idriche per le persone colpite dalla guerra in Libano.
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I pannelli solari danneggiati della missione svizzera.
Quei pannelli solari svizzeri che portano l'acqua sotto le bombe
Una missione elvetica si occupa di garantire un accesso equo alle risorse idriche per le persone colpite dalla guerra in Libano.

BEIRUT - Una tregua con Israele che tregua non è. Un confine incandescente con la Siria, sprofondata nell’incertezza dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad. Ma anche migliaia di sfollati interni che abbandonano le proprie abitazioni nella speranza di trovare un luogo sicuro lontano dai bombardamenti che da mesi flagellano il sud del Libano.

Il ruolo della Svizzera - Nel quadro caotico del paese dei cedri la Svizzera ha deciso di fare la sua parte. Come? Inviando rinforzi in termini di competenze e attrezzature per sostenere le attività in corso nella Valle della Bekaa, in modo tale da garantire un accesso equo all’acqua per le persone colpite dal conflitto.

«Questa operazione è stata progettata per garantire la produzione di acqua potabile con un minimo di risorse, installando serbatoi con una capacità di centomila litri d'acqua presso fonti idriche strategiche in tutta la Valle della Bekaa, senza bisogno di pompaggio», ci spiega Andres Devanthéry, membro del Corpo svizzero di aiuto umanitario dal 2015. Devanthéry è uno specialista di acqua e di igiene, nonché di riduzione del rischio di catastrofi. 

L'energia solare - Dal 2023 è responsabile del progetto idrico nella Valle della Bekaa in Libano, gestito dalla Direzione dello Sviluppo e della Cooperazione (DSC) in collaborazione con le autorità libanesi. «Unità speciali consentono di produrre cloro in loco utilizzando l'energia solare». 

La Valle della Bekaa si trova incastrata tra le due catene montuose libanesi: il Monte Libano e l’Anti-Libano. Si tratta di una spianata molto fertile è diventata, negli anni, la roccaforte dei miliziani di Hezbollah. «Nel caso in cui le stazioni di pompaggio smettessero di funzionare (a causa della distruzione o della mancanza di diesel), le autocisterne distribuirebbero l'acqua ai centri di accoglienza, dove installeremo sistemi di distribuzione di acqua potabile. Queste apparecchiature possono essere installate e disinstallate in 24 ore e possono anche essere utilizzate come sostituzione temporanea dei serbatoi distrutti dai bombardamenti», continua Devanthéry.

«Serve capacità di adattamento» - Ora più che mai il lavoro della missione svizzera non può venire meno. «Il contesto della regione è in continua evoluzione e si delineano sempre nuovi scenari. La forza di questa operazione sta nella capacità di adattarsi a questi cambiamenti e di installare molto rapidamente sistemi di stoccaggio e distribuzione di acqua potabile in luoghi strategici predefiniti, ma anche ovunque si presenti la necessità».

Detto questo, «lavoriamo sempre a stretto contatto con le autorità locali. L'acqua del rubinetto non è potabile e l'acqua in bottiglia può rappresentare una spesa importante per le famiglie, quindi il nostro lavoro è generalmente ben accolto dalla popolazione locale».

«L'attrezzatura è progettata per fornire una risposta rapida a qualsiasi tipo di emergenza, come ad esempio un terremoto. In caso di epidemia di colera, le nostre unità possono produrre cloro in loco per la disinfezione».

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