Divieto di filmare la polizia durante operazioni di piazza? «Non più un tabù»

L'associazione degli agenti di polizia di Basilea vuole lanciare la proposta a livello nazionale
L'associazione degli agenti di polizia di Basilea vuole lanciare la proposta a livello nazionale
BASILEA - «Se le azioni della polizia sono ogni volta così palesemente distorte, un divieto di filmare le operazioni non dovrebbe più essere un tabù». La dichiarazione destinata a sollevare un polverone di polemiche arriva sulle colonne della NZZ am Sonntag dal vicepresidente dell'Associazione degli agenti di polizia di Basilea Città Harald Zsedényi.
La "sparata" che fa già gridare alla censura i suoi più accaniti detrattori, è motivata a suo dire dal fatto che spesso gli agenti verrebbero messi in modo immotivato alla gogna durante gli interventi eseguiti in occasione di sit-in e manifestazioni.
«Spesso - ha raccontato al giornale - veniamo ripresi durante un normale controllo e poi, durante un arresto in escandescenza, viene mostrata proprio quella scena, che può sembrare sproporzionata senza contesto».
Il divieto di filmare tutte le forze di polizia - L'associazione di Basilea vuole ora fare pressione sull'associazione nazionale per imporre il divieto di ripresa durante le azioni di polizia. La richiesta verrà presentata anche al Parlamento nazionale. Jean-Luc Addor, consigliere nazionale vallesano dell'UDC, presenterà una mozione nella sessione autunnale per estendere il divieto di proiezione dei filmati dal personale dell'amministrazione doganale a tutte le forze di polizia.
Sui social la battaglia delle immagina va avanti a colpi di "hashtag", uno dei quali "violenza della polizia" è fra i più noti: nel pentolone del web ci finiscono tutti, dagli agenti delle polizie cittadine (come nel caso del video del ragazzo con la faccia a terra in una pozza di acqua bloccato da alcuni poliziotti a Zurigo) a quelli della cantonale. E il dibattito che ne segue, cerca di rispondere a una semplice domanda: la Svizzera ha un problema con una polizia violenta?
«È tutto normale»: Giovanni Garra, vicepresidente dell'associazione degli agenti di polizia della città di Zurigo - Il domenicale zurighese ha intervistato
Giovanni Garra, che ha guidato le pattuglie per 17 anni e che oggi indaga su reati di natura sessuale ma che è anche vicepresidente dell'associazione degli agenti di polizia della città di Zurigo. Garra ha un'opinione chiara sulle accuse di violenza della polizia: «Quello che si vede in questi video è del tutto normale dal nostro punto di vista, anche se le immagini non sono belle da vedere» riferendosi ai fatti di Zurigo del ragazzo con la faccia a terra nella pozza d'acqua.
La polizia cittadina ha in un secondo momento spiegato che a loro dire «il ragazzo avrebbe dovuto essere accompagnato in un istituto perché rappresentava un pericolo per gli altri. Aveva cercato di fuggire due volte e aveva preso a calci e pugni gli agenti di polizia». A seconda del livello di escalation, «l'applicazione della legge richiede anche la coercizione», afferma Garra. «E a volte deve essere usata su minori e donne, perché anche noi agenti di polizia abbiamo diritto all'integrità fisica».
I malumori fra gli agenti - I video stanno creando malumori fra gli agenti. «Il fatto di doversi aspettare di essere ripresi ogni volta che si effettua un arresto è un fattore di stress», dice Garra. Inoltre, molti membri della polizia si sentono incompresi dalla frammentarietà della riproduzione. Per Garra, esiste un mezzo efficace per «riconquistare la sovranità dell'interpretazione: la body camera».
Diversi cantoni, città e la polizia dei trasporti delle FFS ne stanno progettando l'introduzione. «Alla luce del fatto che oggi tutti hanno un telefono cellulare, le body cam dovrebbero essere introdotte immediatamente», afferma Garra. «Le telecamere sono comunque già in funzione, solo che non sono le nostre».
A Lucerna, invece, è stata recentemente esaminata l'idea di proteggere gli agenti di polizia dall'esposizione alla rete di immagini indossando un copricapo a tubo durante le operazioni sensibili, cioè quando si deve temere di essere nel mirino delle telecamere dei telefoni cellulari in mezzo alla folla. «Occultamento in caso di necessità» è stato detto.
Gli agenti di polizia sarebbero stati comunque identificabili grazie al loro numero di servizio sul casco. Tuttavia, come conferma l'Associazione Lucerna, «i chiarimenti del dipartimento competente hanno dimostrato che la velatura non può essere attuata a causa di "principi di diritto costituzionale"».
«Una vera e propria caccia»: parla l'Associazione nazionale dei funzionari di polizia - Cosa dice l'Associazione nazionale dei funzionari di polizia a proposito del malcontento? La sua presidente Johanna Bundi Ryser ci vede un problema di più ampia portata: «Molti poliziotti e poliziotte si sentono visti sempre più come 'fustigatori' della nazione e in parte anche abbandonati dalla politica» dichiara senza mezzi termini al domenicale. A suo avviso alcuni gruppi sono ora impegnati in una «vera e propria caccia alla polizia».
E cita alcuni episodi: nella Svizzera francese un esponente politico di sinistra del parlamento cantonale vodese ha posato con un manifesto "ACAB" (All Cops are Bastards). Nell'edizione francese del "Blick", uno scrittore freelance ha recentemente definito la polizia ginevrina «stupida» per poi rettificare maldestramente: «No, la polizia non è tutta 'bastarda, tranne forse a Ginevra».
Per quanto riguarda i video degli arresti, l'associazione vuole ora concentrarsi sui media che li diffondono. «Abbiamo anche inviato note di protesta a diversi editori, ma non è servito a nulla» ha rivelato Ryser. Ora l'associazione di polizia sta pensando di scrivere alle associazioni di giornalisti e all'associazione degli editori. «Non vogliamo dire ai media come fare il loro lavoro, ma indicare loro come possono rendere i loro servizi corretti anche per gli agenti di polizia interessati».
Amnesty Svizzera: «La violenza della polizia è un fenomeno grave» - Amnesty Svizzera la vede diversamente. «La violenza della polizia è un fenomeno grave in Svizzera», ha affermato Michael Ineichen, responsabile dell'advocacy della sezione svizzera. E chiede che ogni cantone «istituisca un'unità investigativa indipendente sulla violenza della polizia».
Ineichen si trova d'accordo sul fatto che sia negativa una certa esposizione su internet degli agenti, ma - ha dichiarato - «poiché la polizia attua il monopolio dello Stato sull'uso della forza, deve affrontare l'osservazione critica del pubblico».




