Musulmano denuncia la radicalizzazione nelle moschee svizzere

L’uomo ha deciso di raccontare la sua esperienza «perché ama il nostro Paese» e «teme per i giovani»
LOSANNA - Nelle moschee presenti sul territorio svizzero è in corso un clima di radicalizzazione. È quanto emerge dalla testimonianza di un losannese di origini tunisine.
L’uomo, un gerontologo (specialista in geriatria) in pensione, osserva in dettaglio la situazione da cinque anni. Da quando è stato “ripreso” per dei gesti «non conformi» mentre eseguiva le abluzioni (lavaggio rituale a scopo di purificazione) presso la moschea del quartiere ginevrino Petit-Saconnex. «Sono stato trattato come una spia quando ho risposto che è così che si fa in Tunisia» ha spiegato a Le Temps.
L’uomo, padre di famiglia che ha voluto restare anonimo, parla di «un Islam deviato, sotto l’influenza del wahhabismo (movimento di “riforma” che promuove il ritorno alle pratiche degli albori dell’Islam)». E lancia l’allarme: «L’Islam è sempre stato parte integrante della mia vita, una parte di me. Ma inizia a diventare sempre più estraneo. Sta cambiando. Trasformandosi in un’arma contro noi musulmani».
L’uomo ha deciso di raccontare la sua esperienza «perché ama la Svizzera» e «teme per i giovani». Racconta ad esempio che quando lavorava in ospedale un collaboratore sanitario si è rifiutato di servire il pasto ai pazienti perché conteneva carne di maiale. «È inaccettabile. Per alcuni tutto è proibito e chi è diverso rappresenta il diavolo».
Dopo essersi limitato a osservare a lungo, l’uomo ha deciso di smettere di frequentare le moschee svizzere. Quando ascolta le registrazioni dei sermoni, sente spesso «discorsi pronunciati solo in arabo, di un’altra epoca». Ed è convinto che gli effetti saranno evidenti a breve sulla società.
Dalla Svizzera, intanto, si aspetta delle azioni concrete: «Le autorità devono prendere le precauzioni necessarie per prevenire il diffondersi di un’ideologia estremista».




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