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SVIZZERA

4 svizzeri su 10 pronti a combattere per difendere la Patria

Nel sondaggio Gallup la Confederazione si situa a metà classifica. I meno propensi? I giapponesi
4 svizzeri su 10 pronti a combattere per difendere la Patria
Nel sondaggio Gallup la Confederazione si situa a metà classifica. I meno propensi? I giapponesi
BERNA - Il 39% degli svizzeri, in caso di guerra, sarebbe pronto a imbracciare le armi e a difendere la Patria. Lo indica un sondaggio Gallup a livello internazionale. La Confederazione si situa a metà strada tra i giapponesi, il popolo meno ...

BERNA - Il 39% degli svizzeri, in caso di guerra, sarebbe pronto a imbracciare le armi e a difendere la Patria. Lo indica un sondaggio Gallup a livello internazionale.

La Confederazione si situa a metà strada tra i giapponesi, il popolo meno propenso ad andare in guerra (11%) e il Marocco, dove quasi tutta la popolazione (94%) si dice pronta a combattere. I nostri vicini fanno peggio di noi: la Germania si ferma al 18%, l'Italia al 20%, l'Austria al 21% e la Francia al 29%.

Più pronti gli abitanti delle tre superpotenze mondiali: il 44% degli statunitensi è disposto a difendere il suo Paese con le armi, ma i russi (59%) e i cinesi (71%) lo so ancora di più.

La Svizzera, tra le nazioni europee, è superata solo da Svezia e Finlandia. "La Svizzera testimonia una forte volontà d'indipendenzza e di difesa", ha dichiarato a Le Matin Alexandre Vautravers, caporedattore della Rivista militare svizzera e professore universitario.

La diversa attitudine è spiegata anche con il concetto di esercito di milizia: "I paesi che ci circondano dispongono di eserciti professionali. I cittadini contribuiscono pagando le tasse". Lo svizzero invece, prestando servizio diverse volte nel corso della vita, sente un legame diverso e più profondo.

Eppure, rileva lo storico Hans-Ulrich Jost, la percentuale è ferma al 39%: meno di uno svizzero su due prenderebbe il fucile per difendere i confini elvetici. Chi si dichiara pronto a morire lo fa "in maniera retorica". E' vero anzi che "non ci sono più relazioni personali con gli orrori della guerra, nemmeno attraverso i racconti dei nonni". Partendo dalla sua esperienza personale, Jost osserva che "la prima preoccupazione di un soldato è di preservare la sua vita per aiutare la famiglia".

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