Copenaghen vira a sinistra

Dopo oltre un secolo la capitale danese non sarà più governata dai socialdemocratici. La premier: «Non ci aspettavamo un risultato così pesante».
COPENAGHEN - Come un vento gelido che arriva dal porto e cambia direzione all'improvviso, la politica danese si risveglia con un ribaltamento storico: dopo oltre un secolo, la capitale non sarà più governata dai socialdemocratici. Una frattura che scuote la prima ministra Mette Frederiksen e il partito che guida il Paese, travolti da un risultato che per sua stessa ammissione è stato «più pesante del previsto».
Alle elezioni locali, i socialdemocratici hanno ottenuto solo il 12,7% dei voti a Copenaghen, ben lontani dal 22,1% dalla Lista dell'Unità (formazione rosso-verde) e dal 17,9% del Partito Popolare Socialista. Sarà proprio la leader di quest'ultimo, Sisse Marie Welling, ad assumere la carica di sindaca dopo i negoziati con altri sei partiti che escludono del tutto i socialdemocratici dai tavoli per la formazione della coalizione. Un risultato che suggella una svolta a sinistra per la città che ora sarà guidata da una figura che alcuni analisti paragonano al nuovo sindaco di New York, Zohran Mamdani per le proposte politiche su migranti e clima.
«Abbiamo perso Copenaghen. È incredibilmente spiacevole, ma dobbiamo rimetterci in sella», ha ammesso la candidata socialdemocratica Pernille Rosenkrantz-Theil, scelta personalmente da Frederiksen - sua amica - e data in corsa fino all'ultimo. Il suo partito controllava la capitale dal 1938: un'era che si interrompe bruscamente.
Il colpo non riguarda solo Copenaghen. Nelle amministrative, a livello nazionale i socialdemocratici crollano al 23,2%, perdendo oltre cinque punti rispetto al 2021 e scendendo da 44 a 26 comuni controllati. È la seconda volta dalle elezioni legislative del 2022 che il partito di Frederiksen perde terreno in un'elezione, dopo le europee del 2024 nelle quali erano arrivati secondi dietro al Partito Popolare Socialista. I liberali di Venstre, che governano il Paese con i socialdemocratici, pur in calo hanno superato gli alleati per numero di sindaci eletti. Il terremoto politico colpisce anche altri feudi tradizionalmente solidi, come Frederikshavn, Koge, Fredericia, Gladsaxe e Holstebro. In controtendenza, l'estrema destra del Partito Popolare Danese cresce leggermente dal 4,09% al 5,9%.
La premier Frederiksen parla apertamente di una sconfitta «maggiore del previsto» e cita tra le cause l'aumento dei prezzi alimentari, il divario tra aree urbane e rurali, ma soprattutto le tensioni legate a immigrazione e integrazione. Temi che, secondo vari analisti, avrebbero alimentato la stanchezza degli elettori verso le sue politiche sempre più intransigenti, specie in una città che conta circa un quinto di stranieri.
Nella capitale, intanto, la nuova sindaca Welling parla di «pagina di storia» appena scritta. I socialdemocratici, fuori da ogni negoziato, osservano da lontano la nuova Copenaghen che avanza: più ecologista, più a sinistra, più impaziente verso vecchi equilibri. Una città che, questa volta, ha deciso di cambiare vento.



