L'ex procuratore dell'Aja entra nel merito delle scelte italiane e sul caso politico del rimpatrio del generale libico.
ROMA - «Il rifiuto di sottoscrivere la posizione europea sulle sanzioni di Trump contro la Corte penale internazionale è un incomprensibile vassallaggio».
Così, al Fatto Quotidiano, l'ex procuratore dell'Aja Carla Del Ponte. Sulle dichiarazioni di Tajani rispetto all'aprire un'inchiesta sulla Corte penale internazionale (Cpi), Del Ponte afferma: «Sono davvero esterrefatta. Non riesco neppure a concepire quale possa essere l'eventuale reato commesso dalla Cpi per cui, secondo il diritto italiano, si potrebbe aprire un'inchiesta. Sono solo slogan che non hanno alcun fondamento nel diritto».
Da procuratore del Tribunale per la ex Jugoslavia, le ricorda il quotidiano, ha potuto arrestare, processare e condannare Miloševic e Karadžic: «Siamo riusciti a ottenere l'arresto da uno Stato che non aveva sottoscritto lo Statuto di Roma - risponde -. Oggi andrei avanti spedita senza farmi condizionare da posizioni politiche che non hanno nulla a che vedere con il diritto internazionale. Nordio evidentemente non ha letto neppure gli articoli dello Statuto di Roma».
Il caso Almasri
Quella di Almasri non era una estradizione, bensì una semplice consegna immediata che l'Italia avrebbe dovuto eseguire dopo aver ricevuto la notifica del mandato». Quel volo di Stato italiano anziché in Libia lo doveva depositare all'Aja, sostiene la giudice: «Miloševic fu arrestato e subito dopo portato all'Aja con un volo privato». Dunque dall'Italia «un imperdonabile errore blu».
Il ruolo di Nordio era «solo quello di un passacarte: doveva far eseguire immediatamente il mandato di arresto internazionale. Per Piantedosi era pericoloso? A maggior ragione all'arresto doveva seguire la sua immediata consegna all'Aja. Segreto di Stato? Su cosa? Su un criminale ricercato per orrendi crimini? Purtroppo l'Italia ha perso un occasione d'oro per dimostrare concretamente cosa significhi il rispetto dei diritti umani».