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STATI UNITI"Vi spiego perchè Amanda è fuggita dalla casa degli orrori"

10.05.13 - 07:37
"Amanda è fuggita per proteggere la figlia". Intervista allo psichiatra bernese Thomas E. Schläpfer
AP Photo/WOIO-TV
"Vi spiego perchè Amanda è fuggita dalla casa degli orrori"
"Amanda è fuggita per proteggere la figlia". Intervista allo psichiatra bernese Thomas E. Schläpfer

BERNA - Secondo lo psichiatra bernese Thomas E. Schläpfer, Amanda Berry ha trovato il coraggio di fuggire probabilmente per proteggere la figlia da un destino simile al suo. Per l’esperto, c’è speranza che le vittime riescano a costruirsi una nuova vita in futuro.

Ariel Castro ha tenuto le tre ragazze prigioniere per dieci anni. Un caso fuori dal comune?
Thomas E. Schläpfer: "Sono convinto che nel mondo ci sono molti altri casi del genere. Si tratta di schiave del sesso che sono tenuto in un sotterraneo e che non sono ancora state trovate. Dopo i casi Fritzl e Kampusch in Austria, sappiamo che queste cose succedono più spesso di quanto si pensi. Nel caso più recente di Cleveland, la cosa inusuale è che l’uomo ha tenuto ben tre donne prigioniere durante un periodo così lungo".

Perché un uomo fa una cosa del genere?
"Si tratta unicamente di potere. Potere di decidere del destino altrui. Gli abusi sessuali sono solo un'espressione di questo potere. Queste persone hanno quasi sempre un disturbo della personalità verso il narcisismo. Credono di essere molto importanti e pertanto sono convinti che possono fare queste cose ad altre persone. Nel contempo, spesso queste persone hanno una buona competenza sociale. Anche nel caso di Ariel Castro, si tratta di una persona apprezzata dai vicini che incontrava spesso per fare delle grigliate. È una caratteristica tipica delle personalità narcisistiche. Le persone di questo tipo non sono malate di mente, ma soffrono di un disturbo della personalità. Non sono psicotiche, ma capiscono bene cosa succede".

E come si manifesta un disturbo della personalità?
"È il risultato di una complessa combinazione di genetica e fattori esterni che si vivono fino al 20esimo anno di età".
 
Ariel Castro ha rinchiuso le sue vittime, le ha incatenate, violentate, maltrattate quando erano incinte e le ha fatte strisciare nude sul prato. È possibile curare una persona del genere?
"Le possibilità di curare una persona del genere sono molto ridotte. Tramite la psicoterapia si può cercare di mostrare all’uomo cosa il suo comportamento ha causato presso le vittime. Ma è raro riuscirci. La cosa migliore da fare è l’internamento. Anche perché le possibilità che siano recidivi è elevata".

Quando emergono casi di questo tipo, si parla spesso della sindrome di Stoccolma. Ovvero, il fatto che le vittime siano solidali con il loro sequestratore. Pensa che sia stato il caso anche a Cleveland?
"Si crea un legame intenso soprattutto nei casi in cui le vittime sono a contatto con il loro sequestratore, che controlla ogni aspetto della loro vita, per un periodo così lungo. La vittima sviluppa il sentimento che quello che succede non sia così grave. Si tratta di un meccanismo di auto protezione".

Ma Amanda Berry ha deciso comunque di fuggire. Perché?
"Probabilmente Amanda si trovava in una situazione conflittuale. Da una parte si sentiva legata al sequestratore, dall’altra voleva essere libera. Sono solo ipotesi, ma potrebbe anche essere che Amanda volesse salvare la figlia. La giovane donna voleva risparmiare alla piccola Jocelyn di sei anni di vivere il suo stesso destino. Non voleva che il sequestratore facesse con la figlia quello che aveva fatto a lei. Credo che Amanda aveva pianificato la fuga già da tempo".
 
Che rapporto esiste tra una madre e la figlia che è frutto di un abuso sessuale durante la prigionia?
"Gli stupri di massa in ex Jugoslavia hanno dimostrato che la gravidanza è un periodo difficile per le donne. Ma una volta che il bambino è nato, la natura prende il suo corso e la madre sviluppa un rapporto intenso con il figlio".

Com’è stato il rapporto tra le tre donne? Erano solidali tra di loro o regnava rivalità?
"Penso che c’erano entrambi gli aspetti. La solidarietà è importante per sviluppare un meccanismo di elaborazione sano nel senso di: “Siamo tutte e tre qui prigioniere, ma ce la faremo ad uscirne vive”. Ma d’altra parte, si è probabilmente sviluppata anche una situazione simile a quella di un harem. Ogni donna voleva il meglio per se stessa".
 
Come sarà la vita delle tre donne dopo la liberazione? Una vita con attacchi di panico e depressioni?
"Non per forza. Al contrario, è sorprendente vedere come a volte le persone che hanno vissuto degli eventi orribili riescano a sopravvivere senza avere disturbi psichici. Le persone sono estremamente resistenti, sono in grado di sopravvivere anche al peggio. Solo una piccola parte delle vittime soffre di paure e depressioni in seguito. Però è importante reintrodurre le vittime al più presto in una vita normale. Anche il sostegno delle famiglie è fondamentale, mentre è sconsigliato far curare le ragazze da una squadra di psichiatri. Nonostante tutto il male che è successo, questo caso dimostra come le persone sopravvivano. È lecito sperare che tutto passi e che la vicenda finisca al meglio per le ragazze".

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