A portare il fotografo in aula gli animalisti secondo i quali i diritti della foto erano della scimmia, l'uomo: «Rovinato da questa causa»
SAN FRANCISCO - Si è infine conclusa l'incredibile querelle legale riguardante uno dei selfie più famosi della storia. Quello scattato dal macaco Naruto utilizzando la macchina di un fotografo britannico che si trovava a Sulawesi (Indonesia) per un reportage.
Una battaglia durata anni che ha messo praticamente sul lastrico David Slater, questo è il nome dell'uomo, che per difendersi da una causa intentata nel 2015 dall'associazione animalista Peta nei suoi confronti presso il tribunale di San Francisco ha dovuto investire praticamente tutti i suoi risparmi: «Ho pensato di darmi al dog-sitting a un certo punto, non avevo nemmeno i soldi per recarmi in California per il processo, figurarsi sostituire gli obiettivi delle mie macchine fotografiche», ha dichiarato al Guardian.
La tesi della Peta era che i diritti della foto, e quindi tutti i proventi a essa legati, siano del primate. Il motivo? L'animale l'aveva scattata ed era dunque l'unico autore dell'immagine. Opposta invece la tesi del britannico e del suo team di avvocati: gli animali non possono essere "autori", la fotografia è di chi (umano) abbia reso possibile la sua realizzazione. Il processo, sebbene a tratti potesse sembrare surreale tentava di stabile un precedente importante: un animale può essere un autore?
La sfida legale si è conclusa ieri con un accordo fra la Peta e Slater, quest'ultimo ha accettato di devolvere il 25% dei proventi futuri dell'immagine a un'associazione che si occupa della protezione dei macachi indonesiani. Malgrado la soluzione fra le parti la posizione del giudice è stata chiara: «Sebbene il Congresso e il presidente abbiano il potere di estendere le leggi per la protezione dell'individuo dagli uomini agli animali non c'è indicazione alcuna che lo stesso possa essere fatto per il diritto d'autore».