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Iraq: Peter Arnett di nuovo in disgrazia

Iraq: Peter Arnett di nuovo in disgrazia
NEW YORK - Nei giorni scorsi si era vantato di provare "un piacere perverso" a dare buchi alla Cnn, la rete Tv che nel 1998 lo aveva messo alla porta quando era uno dei cronisti di guerra più famosi del mondo. Ma per Arnett la Guerra del Golfo ...
NEW YORK - Nei giorni scorsi si era vantato di provare "un piacere perverso" a dare buchi alla Cnn, la rete Tv che nel 1998 lo aveva messo alla porta quando era uno dei cronisti di guerra più famosi del mondo. Ma per Arnett la Guerra del Golfo Due è stata un´ebbrezza di breve durata: il giornalista è stato messo alla porta dalla Nbc per essersi fatto intervistare dalla tv di stato dell´Iraq.

Ma chi è Peter Arnett, questo reporter bassotto e calvo, agli antipodi dello stereotipo americano del mezzobusto di bella presenza? Alla Cnn dove ha lavorato dal 1981 al 1998 lo hanno mandato per anni in onda nonostante oltre il look lasci a desiderare persino la sua dizione. "Ci importano le cose che fa, non come lo dice", aveva spiegato ai tempi d´oro, quelli di Desert Storm quando Arnett era rimasto l´unico giornalista occidentale a Baghdad sotto le bombe, l´allora producer della rete di Atlanta Tom Farmer.

E di cose Arnett ne aveva fatte tante in una vita passata vivendo pericolosamente come nel titolo di un film a lui ispirato, ´The Year of Living Dangerously´ (in italiano ´Un anno vissuto pericolosamente´) del regsita australiano Peter Weir (nella trasposizione cinematografica Arnett ci aveva guadagnato: gli aveva dato volto e muscoli Mel Gibson).

Nato in Nuova Zelanda, giovanissimo Arnett era approdato negli uffici dell´agenzia stampa AP nel sud est asiatico. Nel 1962 aveva patito la prima espulsione dall´Indonesia per aver coperto con parole sgradite al regime i moti anti-governativi. Dopo l´Indonesia, il Laos e poi naturalmente il Vietnam: per l´AP Arnett raccontò gli orrori della guerra e vinse il Pulitzer. Nel 1968 con la sua sigla, l´AP mise in rete una frase di un consigliere americano che fece più male all´America di una battaglia perduta: "Bisognava distruggere un villaggio per salvarlo".

Diventò un simbolo e un motto del movimento anti guerra. Quando il Vietnam finisce l´AP richiama Arnett a New York. Il giornalista di guerra è un leone in gabbia. Gli fanno scrivere articoli sullo stato degli ospedali. Nel 1981 lo salva la Cnn: lo manda a Mosca dove Arnett riesce a farsi picchiare. Da lì va a Tel Aviv, ed è un invito a nozze: "Il pericolo è il suo mestiere", disse di lui Horst Faas, il fotografo dell´AP le cui immagini hanno affiancato le corrispondenze di Arnett dall´Indocina.

Il momento di gloria con la Cnn era venuto nel 1991, quando con Bernard Shaw e John Holliman, Arnett aveva raccontato in una straordinaria diretta le prime bombe su Baghdad. Dopo l´espulsione dei colleghi era rimasto l´unico occhio occidentale nel paese di Saddam in guerra e questo gli aveva provocato non poche grane: l´ultimo dei Mohicani della Cnn era stato accusato di esser diventato un megafono della propaganda nemica.

Nonostante le controversie, a guerra finita Arnett era tornato in patria con tutti gli onori. Per gli spettatori della rete di Atlanta era diventato - con Christiane Amanpour - una specie di barometro di guerra imminente: chi lo vedeva arrivare in una zona calda, correva a comprare l´elmetto.

Ma anche i grandi cronisti possono scivolare su una buccia di banana: nel 1998 Arnett mise la sua firma su un servizio in cui si accusava il Pentagono di aver usato i gas contro i disertori americani in Laos durante la guerra del Vietnam. Non era vero: il Ministero della Difesa chiese la testa del reporter e Arnett venne licenziato. Da allora, l´ultimo dei Mohicani di Baghdad si era risollevato, anche se con tanta fatica. Per la porta di servizio era riuscito a tornare in Iraq grazie a un accordo tra la rete del National Geographic e la Nbc. Era stato lui a fare lo scoop del primo raid sul bunker di Saddam. Ma stavolta, per Arnett, il periodo da vivere pericolosamente si è chiuso assai presto: al dodicesimo giorno di bombe.



ATS

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