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LUGANO

Da Gaza a Lugano: «Sono stati accolti con la massima umanità e cura»

Parliamo con la direttrice della Croce Rossa del Sottoceneri, che ieri ha accolto la ragazza ferita a Gaza e la sua famiglia all'aeroporto di Lugano.
AFP
Fonte RED
Da Gaza a Lugano: «Sono stati accolti con la massima umanità e cura»
Parliamo con la direttrice della Croce Rossa del Sottoceneri, che ieri ha accolto la ragazza ferita a Gaza e la sua famiglia all'aeroporto di Lugano.

LUGANO - È atterrata ieri all'aeroporto di Lugano ed è stata successivamente trasferita all'ospedale pediatrico di Bellinzona, la ragazza palestinese in provenienza dalla Striscia di Gaza, che le autorità cantonali hanno deciso di accogliere in Ticino.

Sul posto erano presenti gli operatori della Croce Rossa del Sottoceneri, i dipendenti della SEM e dell'Ufficio richiedenti asilo e rifugiati. Noi abbiamo parlato con Debora Banchini-Fersini, direttrice della sezione sottocenerina di Croce Rossa.

Signora Banchini, in che stato psicologico sono giunti a Lugano la ragazza e la sua famiglia?
«Erano molto stanchi. Il viaggio è stato lungo e intenso. Erano spaventati. Chiaramente avranno bisogno di tempo per ritrovare un po' di calma e pace, e rendersi conto di essere in un posto sicuro». 

Come si è svolta la giornata di ieri?
«Siamo andati ad accoglierli all’aeroporto di Lugano. In un primo momento ci siamo presentati e abbiamo spiegato loro, insieme ai colleghi della SEM e dell’Ufficio richiedenti asilo e rifugiati, dove erano arrivati e cosa sarebbe successo, di modo che fossero preparati, anche perché la mamma è andata subito in ospedale con la bambina. Noi ci siamo occupati di portare, con i furgoni di Croce Rossa, i fratellini e le sorelline in un centro di Croce Rossa, dove sono stati accolti».

In quanti sono?
«In tutto sono in sette, con la ragazza che è stata ospedalizzata e la mamma. I cinque fratelli e sorelle sono minorenni e coprono un po’ tutte le fasce di età. Sono molto uniti. Ieri si capiva che stavano cercando di gestire insieme la situazione e di trovare un po’ di serenità. Sono rimasti con noi e l’interprete di Medici senza frontiere, che li ha accompagnati durante il viaggio».

Si sono raccontati?
«Il nostro obiettivo era di tranquillizzarli, farli capire che si trovavano in un posto sicuro, che quella era la loro casa. Dare loro da mangiare, farli sistemare. Non ci sono stati racconti, ma questo arriva soltanto dopo aver instaurato un rapporto di fiducia. Ci sono situazioni molto difficili da raccontare».

Hanno tutti avviato la normale procedura di asilo. Per quanto tempo li seguirete?
«Solitamente un anno, o un anno e mezzo, ma dipende dalle situazioni. Oggi siamo al primo giorno. Li abbiamo accolti al meglio e cercheremo di seguirli come facciamo sempre, con la massima umanità e cura».

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