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Da piccola star della televisione a uomo dei boschi

La parabola disgraziata di Stefano Belcuore, baby attore che recitava accanto a Mariuccia e Quirino: «Io vittima di una grave ingiustizia».
Foto Tio.ch/ Stefano Belcuore
Da piccola star della televisione a uomo dei boschi
La parabola disgraziata di Stefano Belcuore, baby attore che recitava accanto a Mariuccia e Quirino: «Io vittima di una grave ingiustizia».

LUGANO - Ha abitato in una baracca nei boschi di Sessa. Di nascosto andava alla clinica di Novaggio per mangiare e lavarsi. È l’estate del 2018 quando scoppia il caso dell’infiltrato della struttura malcantonese. Oggi quella persona ha un nome: Stefano Belcuore. E per i ticinesi non è proprio un signor nessuno. «Sono stato Gigetto, il bimbo protagonista di una “Una famiglia da gent viscora”, sitcom dialettale cult negli anni ’90».

In Ticino per amore – La vicenda di quest’uomo aveva suscitato un certo clamore. Anche per le condizioni della catapecchia in cui dormiva. Ora il bambino che ha lavorato a fianco di Quirino Rossi e Mariuccia Medici racconta la sua parabola disgraziata, dal suo personale punto di vista: «Sono nato a Milano, sono italiano. E dopo la prima parentesi in Ticino come baby attore, ci torno nel 2011 per amore. Stavo con una ragazza ticinese di Paradiso. E in quel periodo ho fatto anche la formazione di agopuntore».

Il conto milionario – Nel 2013 Stefano inizia a lavorare a Milano. Al servizio di una signora turgoviese. «Mi occupavo della sua salute a 360 gradi. E anche di faccende burocratiche. Aveva un desiderio: tutelare il suo conto bancario milionario in Svizzera dallo Stato italiano».   

La malattia – Nel 2015, il trasferimento in Svizzera di entrambi. La donna va a vivere a Magliaso. Lui a Novaggio. «Mi è stato fatto un regolare contratto di lavoro come assistente di cura. Allo stesso tempo avevo diritto di firma sul suo conto. Ero io stesso a versarmi lo stipendio». Nel 2018 la signora si ammala. «Quando la porto all’Ospedale Italiano di Lugano mi accusano di avere aspettato troppo e vengo denunciato per omissione di cure».

La svolta – Viene aperta un’inchiesta sul giovane. È così che il Ministero pubblico ticinese scopre il conto milionario della donna. E a un certo punto denuncia Stefano per appropriazione indebita. «La signora viene riportata in Italia. Io non posso più curarla. E non ho più accesso al conto».

Costretto a rubare – Si arriva così all’estate del 2018. Stefano, il Gigetto, andrà a vivere a Sessa. Nel bosco. «Quella che veniva chiamata baracca era in realtà l’ex atélier di un noto artista. Sognavo di metterlo a posto un giorno. Andavo a lavarmi alla clinica di Novaggio di nascosto, è vero. In quel periodo vedo sbriciolarsi il mio sogno di fare una famiglia in Svizzera. E per vivere sono costretto a prendere da mangiare dai supermercati senza pagare».

L’episodio della barca – Il caso dell’uomo dei boschi diventa di dominio pubblico. E Stefano deve lasciare Sessa. «Mi sono spostato a Berna. Un amico mi faceva fare la doccia. Per il resto dormivo su una barca a vela altrui. Un giorno, preso dal desiderio di libertà, mi sono messo a guidarla. E al mio ritorno ho trovato la polizia».

Prigione – Con la giustizia il Gigetto ha un rapporto controverso. «A dicembre 2018 finisco in carcere per avere occupato abusivamente un hotel del Luganese. In quelle settimane mi avevano beccato anche a rubare un po' d'uva. Dopo 10 giorni di sciopero della fame, mi spostano alla clinica psichiatrica di Mendrisio».

Scagionato e “rimborsato” – Nel frattempo, il Ministero pubblico ticinese abbandona l’accusa di appropriazione indebita. «Non avevo toccato un centesimo sul conto della donna a cui badavo. Ed è stato accertato. Così come è stato appurato che avevo fatto del mio meglio per curare la donna. Il danno però era fatto. Il procuratore pubblico disporrà un rimborso esiguo. Peccato che io per colpa di queste calunnie ho perso un contratto. Vano risulterà il tentativo di ricevere un risarcimento più adeguato».

Niente da fare – Affranto, il Gigetto si sposta in Asia, dove vive suo padre. Proverà a mandare avanti la sua causa dall’ambasciata svizzera di Kathmandu o da quella di Tokyo. Senza successo. «Arrivo fino al Tribunale federale. Mi dicono che le richieste non sono state formulate nel modo corretto. E che non ho dimostrato di avere avuto la vita rovinata».

Arriva il Covid – Nel 2020 ecco la pandemia da Covid. E Stefano non può più stare in Asia. «Torno in Europa e vado in Ticino. Ma sono pendenti 55 giorni di prigione a Berna per il furto d'uso della barca a vela. Dopo 55 giorni di carcere, in cui mi danno anche del pazzo, mi liberano. Ma non ho un soldo. Quindi a Zugo mi fermano mentre prendo delle calze da un negozio senza pagare. Altri quattro giorni di prigione. Quindi mi rilasciano. Ma stavolta le autorità mi danno un divieto di ingresso in Svizzera».

L’internamento psichiatrico – Carcere. Ricoveri psichiatrici. Scioperi della fame. Più di 150 lettere scritte a vari tribunali. Stefano ribussa più volte alle porte della Svizzera. E puntualmente finisce male. Fino a quando, a giugno 2023, viene fatto internare in Italia. «In un centro psichiatrico ad alta sicurezza, una realtà in mezzo a gente che ha ucciso. Un anno dopo mi spostano in una comunità a media sicurezza a Lanzo D'Intelvi, al confine con Arogno, dove attualmente sono detenuto».

Il vortice – Oggi Stefano Belcuore è una persona decisamente meno serena di quel bimbo che lavorava con Mariuccia e Quirino. «Sono finito in un vortice a causa di una grave ingiustizia. Volevo solo raccontare la mia verità. Perché tutti se ne sono lavati le mani».

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