Sempre più militari vogliono tenere il proprio fucile d'assalto o la pistola al termine del servizio di leva.
BERNA - Sarà la paura per la guerra in Ucraina o perché anche in Svizzera è aumentato il senso di insicurezza o forse per il non certo rassicurante motto molto americano che porterebbe a pensare che in fondo un'arma sotto il cuscino non guasta mai": fatto sta che la voglia di armi per "passione" o per sentirsi più o meno sicuri non è sconosciuta a quei soldati svizzeri che - una volta terminato il periodo di leva - il loro bel fucile vorrebbero continuare a tenerselo portandoselo a casa.
L'argomento ha solleticato un approfondimento del Tages-Anzeiger che in un articolo parla di questo fenomeno che sta tornando in auge, non senza la naturale contrapposizione tra chi è contrario al "riarmo domestico" e si dice preoccupato come la consigliera nazionale del PS Priska Seiler Graf e coloro che invece non lo osteggiano come ad esempio il presidente di Pro-Tell Jean-Luc Addor che si dice «soddisfatto» e anzi si fa promotore di un'idea la più liberale possibile in materia chiedendo che «in futuro non sia più necessaria una licenza di acquisto di armi» si legge sul TAGI..
Questo in un quadro normativo dove dal 2010 le condizioni per continuare a rimanere in possesso della propria arma a leva conclusa siano state inasprite. Ma la vecchia tradizione svizzera di non dire addio «al proprio fucile d'assalto o alla propria pistola» - dopo una flessione avuta nel 2016 - sembra ora risalire la china percentuale: è un'analisi dell'esercito a mostrare come sia nel 2023 che nel 2024 «il 19 percento si è fatto consegnare l'arma dopo il servizio militare» (ndr. nel 2016 il dato indicava un 11%, lontano dai 30 punti percentuali del 2009).
Come detto, il rialzo percentuale mette di buon umore il presidente della Società per il diritto liberale sulle armi Addor, che è anche consigliere nazionale dell'UDC. Il vallesano consacra il ritorno di questo desiderio al sapore d'armi vedendovi «una forma di risveglio patriottico».
Guarda all'Ucraina invece il suo collega di partito Werner Salzmann, dichiarando al quotidiano zurighese che «i soldati che si ritirano non vogliono rinunciare ai loro fucili d'assalto per essere equipaggiati e pronti in caso di emergenza». Pronti alla guerra, insomma, anche nella terra neutrale di Guglielmo Tell.
Da par suo, l'esercito non è in grado di motivare la volontà sempre più diffusa da parte dei suoi congedanti di non abbandonare la propria arma. Il portavoce Mathias Volken ha sottolineato che «non è possibile fare una dichiarazione fondata perché non abbiamo informazioni rilevanti».
Quello che si sa di certo è che dal 2010 «solo chi ha completato almeno quattro esercitazioni federali negli ultimi tre anni prima della fine del servizio ha il diritto di tenere il proprio fucile d'assalto. Questo include sia il tiro obbligatorio che quello sul campo. Se nel libretto di tiro o nell'attestato di prestazione militare non sono presenti tali annotazioni, il fucile d'assalto deve essere consegnato alla fine del servizio» spiega il TAGI.
Per conservare la pistola «non è richiesta alcuna prova di tiro. Tuttavia, come per il fucile d'assalto, è necessaria una licenza di acquisizione di armi da fuoco valida. Se tutte le condizioni sono soddisfatte, è possibile ottenere la pistola al prezzo vantaggioso di 30 franchi e il fucile d'assalto - convertito in arma singola semiautomatica - a 100 franchi» si aggiunge.
Ma sull'obbligo di licenza si appresta a dare battaglia sempre il presidente di Pro-Tell che, annunciando la presentazione di una mozione nella prossima sessione, si chiede: « «Perché dovremmo improvvisamente mettere in discussione la fiducia che è stata riposta nei soldati durante tutta la loro carriera militare?». Un non-sense burocratico, lo ritiene, ecco perché andrà dritto sulla sua linea «per garantire che in futuro fucili e pistole d'assalto possano essere rilasciati senza licenza di acquisto di armi». E adduce un'altra motivazione: «È anche un mezzo di autodifesa se la situazione lo richiede».
L'aria che tira non piace alla consigliera nazionale del PS Priska Seiler Graf: «Questo sviluppo mi preoccupa - ha detto- più armi sono in circolazione, maggiore è la probabilità che con esse si possa commettere un atto di violenza, non solo contro gli altri, ma anche contro se stessi».
Andando a guardare la domanda di armi nei vari cantoni, emerge che «nel Cantone di Basilea Città, il numero di licenze di acquisto di armi autorizzate è più che raddoppiato dal 2010», in quello di «Basilea Campagna è addirittura triplicato», mentre per il Cantone di Berna - dove i dati disponibili partono dal 2015 - «il numero di licenze di acquisizione di armi da fuoco (comprese le licenze eccezionali per tiratori sportivi e collezionisti) è aumentato del 73%».
Aumenti - anche se più contenuti - vengono segnalati anche nel canton Zurigo.