Il responsabile dovrà pagare una multa di 2700 franchi. «I miei video non sono seri», la difesa
Il Tiktoker zurighese Bireweich è stato condannato. All'inizio dell'anno l'Associazione svizzera di football (ASF) lo aveva denunciato per discriminazione e incitamento all'odio. Il motivo era legato agli insulti social rivolti ai giocatori della nazionale di calcio colpevoli di non cantare l'inno.
Non solo la ASF ma anche la procura del cantone di Sciaffusa hanno ritenuto problematiche alcune sue dichiarazioni, specialmente quelle rivolte ad alcuni giocatori con un background migratorio come Jordan Lotomba e Xherdan Shaqiri.
È dunque stato riconosciuto colpevole per discriminazione e incitamento all'odio ed è stato condannato a una multa condizionale di 60 tariffe giornaliere di 180 franchi, per un totale di 10.800 franchi e un'altra sanzione da 2.700 franchi. A ciò si aggiungono le spese procedurali di 400 franchi.
Nell'ordinanza di condanna - rese pubblica da 20 Minuten - la Procura afferma: «L'imputato sapeva o avrebbe dovuto sapere che attraverso le dichiarazioni citate, descriveva alcuni giocatori come individui e gruppi di persone inferiori a causa della loro razza o etnia», e quindi ha «discriminato la dignità umana».
Lo zurighese stenta a credere alla sentenza. «Il fatto che io venga dipinto come un razzista è incredibile», dice Mirco, alias Bireweich a 20 Minuten, non pensando che la denuncia della ASF avrebbe portato a una condanna. «Ciò di cui sono stato accusato è ridicolo. Chiunque guarda i miei contenuti per cinque minuti sa che affermazioni del genere sono divertenti e non sono serie. Prendo fermamente le distanze da ogni forma di razzismo». E ricorda come la sua idea prendesse spunto da un video pubblicato tempo fa da un account svizzero.
Secondo Mirco la ASF non ha mai cercato un dialogo con lui. «Non ho mai avuto contatti con un rappresentante né con nessuno dei giocatori di cui ho parlato nel video», ha detto.
Interrogata, la ASF parla di una sentenza rivoluzionaria. «Nessuno dovrebbe essere insultato, umiliato o diffamato a livello razziale a causa della sua origine familiare, del colore della pelle o delle sue radici», spiega Adrian Arnold, responsabile della comunicazione aziendale dell'Associazione svizzera di calcio. «È un segnale forte che il sistema giudiziario stia proteggendo i nostri calciatori - personaggi pubblici - da tale umiliazione verbale, che è in aumento, soprattutto sui social media».