Caso Marrazzo, trans e ricatti: "Ho pagato per paura". È bufera politica

Il presidente della regione Lazio, Piero Marrazzo, non ha dubbi: io sono la vittima. Un video compromettente in un appartamento frequentato da transessuali, soldi, un uomo politico importante. E poi carabinieri arrestati da altri carabinieri e, sullo sfondo, un ricatto. E poi smentite e polemiche in una vicenda dai molti contorni ancora da chiarire.
ROMA - Sono cominciati nel carcere romano di Regina Coeli gli interrogatori dei quattro carabinieri arrestati dal Ros perché accusati di aver ricattato il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo anche grazie a un video in cui il governatore compare in atteggiamenti intimi con un transessuale. Intanto si fa sempre più concreta l'ipotesi di dimissioni del Governatore.
La vicenda sta scatenando nella vicina penisola una bufera politica, giudiziaria e personale - Di certo è bufera. Bufera politica, giudiziaria e personale. Ma, allo stato dei fatti, ci sono due verità nel ciclone giudiziario che ha inghiottito il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo e "quattro mele marce" dei carabinieri (come li ha definiti il comandante provinciale dell'Arma Vittorio Tomasone), arrestati, dagli investigatori del ROS, con accuse che sono macigni. Accuse che vanno dall'estorsione, alla rapina, violazione della privacy, violazione di domicilio. Il tutto nell'atmosfera rarefatta che precede le elezioni regionali del Lazio nelle quali, al momento, Piero Marrazzo è candidato.
Tutto iniziò in una calda estate di luglio - La vicenda che vede coinvolto il Governatore del Lazio sarebbe cominciata in una calda estate dei primi giorni di luglio, in un appartamento, sembrerebbe, frequentato da trans. In quella casa, stando alle prime ricostruzioni, hanno fatto irruzione alcuni militari dell'arma, forse due, della compagnia Trionfale. Un controllo? Una soffiata? Un complotto? Chissà. E questo sarà uno dei nodi da sciogliere nelle prossime tappe dell'inchiesta. Forse già domani negli interrogatori di garanzia che saranno effettuati dal gip Sante Spinaci, nel carcere di Regina Coeli, per decidere sulla richiesta della procura di Roma, dell'emissione di quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere.
Il video del ricatto - Altro nodo è quello che riguarda il video al centro del ricatto. Nell'appartamento dove sarebbe stato girato c'era quindi il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo in atteggiamenti intimi e c'era anche un transessuale così come hanno scritto i magistrati nel decreto di fermo dei quattro militari. Sarebbe stata proprio la natura scabrosa del video, girato sembra con un telefonino, a far scaturire il ricatto al Governatore. Resta da chiarire, e al momento non è stato accertato, se il video sia stato girato proprio dai carabinieri, o se, come gli stessi militari avrebbero dichiarato, il video sia stato girato da un altro transessuale e poi 'ceduto' ai carabinieri.
Agli atti dell'indagine ci sarebbero anche assegni, firmati dallo stesso Marrazzo e mai incassati - Assegni, per una somma che sfiora i 20'000 euro, che sono ora al centro di due versioni contrastanti fornite da Marrazzo e dagli arrestati. Questi ultimi avrebbero sostenuto che il denaro sarebbe stato "offerto" dal presidente della regione Lazio e non estorto con ricatto, mentre il Governatore avrebbe dichiarato di essere stato derubato sia degli assegni sia di una somma in contante. I quattro carabinieri, come detto, rigettano anche l'accusa di aver girato loro il video nell'appartamento romano.
Ai quattro militari della compagnia Trionfale, i carabinieri del ROS, sono arrivati attraverso alcune intercettazioni relative ad un'altra inchiesta - Inizialmente, si è appreso, i carabinieri del ROS erano all'oscuro che le persone intercettate fossero colleghi di un reparto territoriale. E i magistrati che hanno firmato il decreto di fermo dei quattro carabinieri infedeli, Luciano Simeone (30 anni), Carlo Tagliente (29), Antonio Tamburrino (28), Nicola Testini (37) hanno fatto riferimento anche al fatto che "nel filmato con Piero Marrazzo che si intratteneva con un transessuale all'interno di un'abitazione", vi è stata anche una "intenzionale messa in scena" con la ripresa di una polvere bianca, forse cocaina, accanto ad un tesserino di identità di Marrazzo. Poi per avvalorare la tesi del ricatto i magistrati fanno riferimento "alla trattativa" per vendere il video. Una trattativa che, come nelle migliori sexy-story, ha coinvolto anche il fotografo Massimiliano Scarfone coinvolto nella vicenda Sircana, quando il portavoce di Prodi, allora premier, fu immortalato mentre parlava con un trans in strada.
Un gruppo pericoloso, quello dei quattro carabinieri, che, secondo quanto scritto dai magistrati non avrebbe risparmiato neanche l'ex moglie e la figlia di Marrazzo: le loro auto furono oggetto di atti di vandalismo il giorno in cui ci furono le perquisizioni a carico degli indagati. Perquisizioni che precedettero i fermi.



