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COMO: Domenico Paviglianiti: un boss accusato di 140 omicidi che eviterà l'ergastolo grazie al rito abbreviato

Gli investigatori dell'Antimafia lo considerano affiliato alla 'ndrangheta e colpevole, fra l'altro, dell'uccisione del figlio di Roberto Cutolo avvenuta ad Abbiate Guazzone ad inizio Anni '80
COMO: Domenico Paviglianiti: un boss accusato di 140 omicidi che eviterà l'ergastolo grazie al rito abbreviato
Gli investigatori dell'Antimafia lo considerano affiliato alla 'ndrangheta e colpevole, fra l'altro, dell'uccisione del figlio di Roberto Cutolo avvenuta ad Abbiate Guazzone ad inizio Anni '80
CERMENATE. Quando è nato 39 anni fa, papà e mamma lo avevano battezzato Domenico. Per il cognome aveva preso quello di famiglia: Paviglianiti. Sembrava un angioletto. Tanto un bravo ragazzo che adesso è accusato dalla Direzione Distrettuale A...
CERMENATE.

Quando è nato 39 anni fa, papà e mamma lo avevano battezzato Domenico. Per il cognome aveva preso quello di famiglia: Paviglianiti.Sembrava un angioletto. Tanto un bravo ragazzo che adesso è accusato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano solo di associazione a delinquere di stampo mafioso (nella fattispecie ‘ndrangheta), di soli quattro omicidi, fra cui, in concorso con altri, quello di Roberto Cutolo ucciso nel ’90 ad Abbiate Guazzone (Varese) e figlio di Don Raffaé, capo indiscusso della Nuova Camorra Organizzata, di ingenti traffici di droga e armi, anche da guerra. Trapiantato a Cermenate, secondo l’accusa, rappresentava uno dei principali referenti della criminalità organizzata in Alta Italia e lo si indica alleato del clan capeggiato dal boss di Marcedusa Franco Coco Trovato che aveva il suo quartier generale a Lecco. Addirittura lo si indica come partecipante (in forma diretta o indiretta) a ben 140 omicidi in giro per l’Italia, accusa questa respinta dal suo difensore, l’avvocato Giuseppe Cucinotta che più volte ha affermato: “Tutte balle messe in giro da chi gli vuol male sin dal giorno del suo arresto”.Ma contro di lui ci sono le dichiarazioni di molti pentiti come, ad esempio, l’ex poliziotto Giorgio Tocci, già condannato a 30 anni di reclusione e che ora gode del programma di protezione.Nonostante tutto questo Domenico Paviglianiti eviterà l’ergastolo grazie al ricorso al rito abbreviato che gli consente uno sconto pari ad un terzo sulla pena.Il consenso al rito alternativo arrivò il 3 ottobre scorso dai Giudici della 3* Sezione della Corte d’Assise di Milano: udienza fissata per domani. Tuttavia, non eviterà una pesante condanna.Il 3 ottobre scorso il boss, non si è neppure presentato in aula.Paviglianiti, secondo il P.M. Antimafia Marco Maria Alma di Milano sarebbe stato uno dei protagonisti della sanguinosa faida che scoppiò nel Milanese nella seconda metà degli Anni ’80, quando Coco strinse un patto di alleanza con l’allora Re della Comasina Pepé Flachi, erede di Renato Vallanzasca. Tra gli episodi più gravi contestati al 39enne di Cermenate anche il duplice omicidio avvenuto il 15 ottobre del ’90 in via Roma a Milano dove vennero uccise due ignare persone che stavano uscendo da un bar dopo l’aperitivo del mezzogiorni: Luigi Carpita e Pietro Recalcati.In realtà, quel giorno, si voleva far fuori Coco che, a sua volta, aveva fatto uccidere altri malavitosi appartenenti a clan opposti. L’episodio portò poi, qualche settimana dopo, ad un triplice omicidio in Puglia, costato l’arresto definitivo di Coco.La guerra, raccontata in tutti i dettagli da diversi pentiti, fra cui Salvatore Annacondia, detto “ ‘O manomozza”, che ha delineato anche i ruoli di Paviglianiti, iniziò con l’uccisione di Luigi Batti, parente di Flachi: il delitto avvenne nel ’90 e il corpo non venne mai ritrovato. Poi fu la volta di Francesco Batti, padre di Luigi, strangolato con le mani e, infine, a San Giuseppe Vesuviano toccò a Salvatore Batti, nemico numero uno della cosca Coco-Flachi e ucciso mentre usciva dall’ospedale dove si era recato a trovare la figlia ferita in un precedente agguato.Il quarto omicidio contestato a Paviglianiti è quello, come detto, di Roberto Cutolo: fu quello, secondo gli inquirenti e parecchi pentiti, tra cui Tonino Schettini, con attività commerciali nel Meratese (Lecco) e casa a Calusco d’Adda (Bergamo), un delitto che rappresentò uno scambio di favori. Venne ucciso dalla ‘ndrangheta che ottenne in cambio dalla Nuova Camorra l’assassinio di Salvatore Batti.Per questo delitto sono già stati processati e condannati tempo fa gli esecutori materiali.Nel ’96, quando sentì buccia di bruciato attorno a lui fuggì in Spagna ma venne beccato poco tempo dopo. Quasi tre anni fa, ormai, l’estradizione in Italia.
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