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«Ha agito preso da un raptus. Ed è affranto per lo stato di salute della vittima»

La difesa chiede tre anni di carcere per il 26enne che con un pugno ha ridotto un 21enne in stato vegetativo persistente.
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«Ha agito preso da un raptus. Ed è affranto per lo stato di salute della vittima»
La difesa chiede tre anni di carcere per il 26enne che con un pugno ha ridotto un 21enne in stato vegetativo persistente.

LUGANO - «Ha agito per eccesso di legittima difesa, preso da un raptus» il 26enne italiano residente nel Luganese che lo scorso 17 novembre fuori dal Blu Martini ha steso un 21enne con un pugno, riducendolo a uno stato vegetativo persistente. Lo ha sostenuto oggi pomeriggio alle Assise criminali di Lugano la difesa, chiedendo una condanna a tre anni di carcere per lesioni colpose gravi.

La sentenza è attesa per domani alle 16.

«Si è scusato» - «In corso di inchiesta l'imputato si è dimostrato affranto e preoccupato, tanto da chiedere più volte aggiornamenti sullo stato di salute della vittima», ha premesso l'avvocato Tommaso Manicone. «Ha inoltre inviato due lettere di scuse alla famiglia e ha versato loro una somma di 3'500 franchi come prima forma di risarcimento. Di conseguenza c'è un sincero pentimento».

«Erano tre contro uno, si sentiva minacciato» - La difesa ha quindi analizzato l'accaduto. «Il 16 novembre il mio assistito è uscito per fare una serata tranquilla e, ad eccezione della condanna recentemente comminata, non ha mai avuto problemi con la giustizia, né in Svizzera né in Italia. La sua intenzione non è mai stata quella di uccidere, né tantomeno ha mai creduto possibile che le conseguenze del suo gesto potessero essere queste. L'imputato ha agito senza un movente specifico semplicemente per difendersi in una situazione di tre contro uno, sentendosi minacciato dalla vittima, che l'aveva colpito. Ed è passato all'azione in maniera impulsiva, sotto l'effetto di sostanze stupefacenti».

Un gancio impulsivo - Il pugno del 26enne, inoltre non sarebbe stato mirato: «È stato un colpo di reazione, e non intendeva sferrarlo specificatamente al viso».

L'imputato, viene poi evidenziato, «è stato il primo a soccorrere la vittima, alzandogli le gambe e chiedendo che gli venisse portata dell'acqua. Si è inoltre sincerato, prima di rientrare a casa, che qualcuno avesse chiamato i soccorsi».

Infine, il 26enne «è d'accordo sul principio del risarcimento, ma chiede che la decisione sul suo ammontare venga presa dal foro civile».

«Un figlio e un fratello vivo, ma in parte morto» - A parlare, questo pomeriggio, è stato anche il rappresentante legale della famiglia della vittima, l'avvocato Giuseppe Gianella, che ha richiesto un risarcimento per torto morale di 150mila franchi.

«La vicenda che ci occupa oggi è senza dubbio tragica. Per futili motivi un 21enne è stato ridotto a uno stato vegetativo persistente, alimentato da una sonda e impossibilitato a comunicare con il mondo esterno. La sua famiglia si vede la vita completamente sconvolta, con il loro caro in una clinica specialistica lontana da loro. Con un figlio e un fratello presente, ma allo stesso assente. Vivo, ma in parte morto».

«L'imputato ha detto di aver agito perché si è sentito minacciato, ma questa tesi difensiva ha del ridicolo», ha proseguito Gianella. «La verità è che lui è abituato a rispondere al fuoco, se qualcuno prova a colpirlo risponde senza pensarci. Per lui, da boxeur, l'attacco è la migliore difesa. Quindi ha agito perché voleva dare una lezione alla vittima, sapendo che lui aveva la tecnica e la forza per stendere il 21enne con un gancio. E il risultato è stata la sua morte cerebrale», ha concluso.

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