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«Il problema è che gli apprendisti e le aziende proprio non si capiscono»

Da una parte giovani che vivono e ragionano in un modo nuovo, dall'altra i datori che pretendono adattamento e performance. Lo scontro non può che essere inevitabile. Parola all'esperta.
Deposit/Fill-up
«Il problema è che gli apprendisti e le aziende proprio non si capiscono»
Da una parte giovani che vivono e ragionano in un modo nuovo, dall'altra i datori che pretendono adattamento e performance. Lo scontro non può che essere inevitabile. Parola all'esperta.

LUGANO - Esauriti dall'ansia, con il morale sotto ai tacchi e con la voglia di mollare. E non solo, non hanno modo di recuperare le forze e chiedono più vacanze.

La risposta, della politica, del mondo del lavoro e anche di una parte dell’opinione pubblica è tutt'altro che comprensiva. Fondamentalmente, il messaggio che emerge dal coro è uno: «Basta lamentarsi, e rimboccatevi le maniche».

Al netto delle ragioni di una parte o dell'altra, una cosa appare piuttosto chiara: in Svizzera abbiamo un (grosso) problema con gli apprendisti. E, cercare colpevoli, difficilmente potrà “guarire” un malessere diffuso che ha radici complesse e profonde.

«Non è solo una questione di stress o fragilità. È uno scontro tra due sistemi che non si parlano», spiega Sara Rossini, fondatrice di Fill-Up, prima azienda svizzera specializzata nell’accompagnamento di aziende e apprendisti, «le caratteristiche della Generazione Z si scontrano con un modello aziendale-formativo che non si è ancora aggiornato».

Da una parte abbiamo le aziende, che hanno imparato a gestire il lavoro e comunicare in un certo modo, dall'altra i giovani che hanno voglia di mettersi in gioco ma hanno aspettative, e modalità di interazione e comunicazione fondamentalmente diverse.

«Le nuove generazioni, e non solo, stanno riscrivendo le regole del lavoro. Cercano contesti in cui il capitale umano sia davvero valorizzato, dove i valori dichiarati non restino solo slogan, ma si traducano in pratiche quotidiane», aggiunge Rossini, «vogliono sentirsi parte di qualcosa, non semplicemente essere impiegati. E questo desiderio di senso e coinvolgimento non riguarda più solo i giovani: lo dimostra la crescente difficoltà delle aziende nel reclutare e trattenere personale qualificato».

Aziende che, spesso e volentieri, continuano a “ragionare” con una mentalità diversa: «Le generazioni precedenti erano abituate a scendere a compromessi. Oggi accade sempre meno. I giovani sanno cosa cercano e — quando possono — scelgono realtà che parlano la loro lingua e rispecchiano i loro valori», continua Rossini.

Lo scontro fra chi deve formare e chi deve essere formato è quindi (quasi) inevitabile: «La difficoltà nella relazione con i formatori nasce anche da qui, molti sono stati formati per eseguire, oggi si trovano a dover guidare una generazione che chiede senso, fiducia e coinvolgimento. È un cambiamento culturale profondo, che richiede strumenti nuovi e la disponibilità a rivedere il proprio ruolo da una prospettiva diversa», spiega.

Ad avere il coltello dalla parte del manico non sono però i ragazzi: «Ma c’è un punto critico: gli apprendisti, nella maggior parte dei casi, non possono scegliere davvero. Entrano dove trovano posto. E questo li porta spesso a iniziare un percorso in contesti che non li rappresentano, dove si sentono fuori luogo, non ascoltati, poco compresi».

Secondo Rossini, la chiave di volta per risolvere questa impasse è la formazione: «È quello che facciamo con Fill-Up da anni, aiutare aziende, formatori e giovani a costruire contesti formativi e aziendali sani, funzionali e sostenibili. Non è solo coaching. È una strategia concreta per accompagnare il cambiamento che oggi è necessario per non perdere una generazione di talenti. E i risultati lo dimostrano: quando il contesto si allinea, i giovani si attivano, crescono, si sentono parte. E insieme a loro, crescono anche le aziende», conclude.

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COMMENTI
 

blitz65 2 sett fa su tio
avanti....continuiamo a generare ragazzi deboli.....

Rigel 2 sett fa su tio
Risposta a blitz65
Li abbiamo questi ragazzi, li abbiamo voluti noi così. Sono diversi da noi, non peggiori, non migliori. Hanno gli stessi nostri obiettivi (una vita serena). Abbiamo dato loro strumenti diversi per raggiungerli e ora ci arrabbiamo perché li vogliono sfruttare?

prophet 2 sett fa su tio
cioé quindi é l'azienda che deve fare i comodi dell'apprendista (o dei loro genitori?) ?

Rigel 2 sett fa su tio
Risposta a prophet
No. L'azienda deve rispettare i suoi dipendenti. Tutti, non solo gli apprendisti. Ci sono un sacco di datori di lavoro la cui deontologia non è messa in discussione, ci mancherebbe. Ma purtroppo ce ne sono molti la cui politica lascia molto a desiderare, considerano il capitale umano alla stregua di un macchinario da sfruttare finché va. Poi magari si scarta ad un passo dalla pensione. Potrei fare un lungo elenco di cose che non vanno in queste aziende (mobbing, mancanza di rispetto, straordinari non pagati, telefonate e email nel tempo libero i loro dipendenti, cambio turni senza considerare la vita privata, salari da fame, norme di sicurezza violate.... continuo?)

Boh! 2 sett fa su tio
Per favore, non fatemi esprimere sul livello medio di istruzione e di educazione dei ragazzi che escono dalle scuole medie… per non parlare del pressoché assente senso del dovere. Dopo 25 anni di buona volontà (orari su misura, tempo libero su misura, possibilità di studiare anche sul luogo di lavoro, retribuzione oltre il dovuto,…) purtroppo ci ho rinunciato: basta apprendisti. Se se ne prende uno è perché si va sul sicuro, caso contrario… zero.

Jana 2 sett fa su tio
I primi a non impegnarsi sul lavoro sono gli adulti. Spesso sprovvisti di voglia di lavorare, di empatia, di una minima buona educazione e del rispetto, pretendono queste belle cose da ragazzini usciti dalle medie. Li trattano spesso con sufficienza e sbuffano quando sbagliano qualcosa o se domandano cose perché non hanno capito bene le spiegazioni date coi piedi. Certo, purtroppo oggi ci sono anche ragazzi/e svogliati/e, viziati/e, arroganti, ma per lo più sono bravi, e se trovassero un mentore, una guida ferma e capace, qualcuno davvero in gamba che vuole davvero lavorare, invece dei troppi capetti/e cafoni/e sempre sui cellulari con voglia di fare e di insegnare pari a zero, le cose andrebbero meglio. Per tutti.

Rigel 2 sett fa su tio
La Signora Rossini, alcuni anni fa, era responsabile della formazione nella ditta dove mio figlio era apprendista. Quello che ha raccontato in questo articolo lo ha realmente messo in pratica. I ragazzi erano ascoltati, capiti e seguiti. Tra formatori e ragazzi c'era dialogo, comprensione reciproca e questo ha portato ad ottimi risultati. I problemi durante l'apprendistato, soprattutto a livello di carico di studio scolastico, non sono mancati, ma il fatto di essere seguito con competenza ed empatia ha aiutato molto. È stato fortunato. Ora mi rendo conto che non per tutti i datori di lavoro è facile comrendere e adattarsi ai cambiamenti in corso (è la società che cambia, prima o poi dovranno adattarsi), ma mi hanno sempre insegnato che è l'adulto con esperienza che deve trovare il modo di far quadrare il cerchio. Nuovi corsi per i formatori, che tengano conto della problematica di cui stiamo parlando non potrebbero aiutare?

Max_malcantone 2 sett fa su tio
In Ticino gli apprendisti sono trattati come “schiavi” a cui vengono fatti fare i lavoretti più inutili .

Rigel 2 sett fa su tio
Risposta a Max_malcantone
E qui credo che sia solo una questione di misura. Se nella maggioranza del tempo l'apprendista è seguito e formato nella professione che ha scelto, non vedo niente di male se il datore di lavoro gli chiede di lavare il furgone aziendale o andare a prendere i panini per gli operai!

rosi 2 sett fa su tio
è corretto che un apprendista inizi a lavorare alle 6 del mattino e termini alle 18.30/19.00? Ha anche la scuola, la famiglia, gli amici, lo sport.

Rigel 2 sett fa su tio
Risposta a rosi
Si rivolga all'ispettore.

Maverik 2 sett fa su tio
Risposta a rosi
Sul contratto di tirocinio sono indicati gli orari di lavoro e gli apprendisti non possono fare più di un tot ore al giorno, come indicato bisogna rivolgersi all’ispettore di tirocinio che visita l’apprendista e l’azienda una volta l’anno. Non facciamo però di in erba un fascio, ne da una parte ne dall’altra. Ci saranno anche “pessimi”’formatori ma ci so o anche tanti apprendisti che non sono per niente responsabili….e alcuni sono già maggiorenni

Jana 2 sett fa su tio
Risposta a rosi
Rosi, NO non è corretto, si chiama sfruttamento e bisogna reagire.
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