«Ho sparato a un soldato russo e non ho nessun rimorso»

Un cittadino svizzero rischia fino a tre anni di carcere. La legge vieta ai cittadini elvetici di prestare servizio armato in eserciti stranieri senza autorizzazione.
Un cittadino svizzero rischia fino a tre anni di carcere. La legge vieta ai cittadini elvetici di prestare servizio armato in eserciti stranieri senza autorizzazione.
ZURIGO - Lo svizzero Jona Neidhart, 38 anni, nato a Zurigo, ha combattuto a più riprese nella guerra in Ucraina tra il 2022 e il 2025, partecipando a operazioni su fronti particolarmente pericolosi.
I problemi con la giustizia - La sua scelta lo ha portato davanti alla giustizia militare svizzera, poiché la legge vieta ai cittadini elvetici di prestare servizio armato in eserciti stranieri senza autorizzazione. Contro di lui potrebbe ora essere aperto un procedimento per violazione del diritto internazionale bellico, con il rischio di una pena fino a tre anni di carcere.
«Moralmente obbligati a intervenire» - Neidhart ha spiegato agli inquirenti di essersi sentito moralmente obbligato a intervenire: la Russia, sostiene, aveva attaccato ingiustamente l’Ucraina, che aveva chiesto aiuto alla comunità internazionale. A ciò si aggiungono legami familiari con l’Ucraina e la sua appartenenza alla Chiesa di Gesù Cristo.
Ha sparato a un soldato russo - La maggior parte delle operazioni a cui ha partecipato, afferma, aveva carattere difensivo. Racconta però un episodio in cui ha sparato a un soldato russo in fuga dopo un attacco ravvicinato: prima un compagno aveva sparato decine di colpi, poi Neidhart ha sparato alla testa dell’uomo per «assicurarsi che fosse morto», spiegando che alcuni soldati russi fingevano spesso di arrendersi per poi lanciare una granata all’ultimo momento
«Nessun senso di colpa» - Di quell’uomo, dice, gli è dispiaciuto vedere l’anello nuziale, ma non prova sensi di colpa: sul campo, sostiene, molte norme delle Convenzioni di Ginevra risultano difficili da applicare.
Abbandonato un prigioniero - Il secondo episodio che potrebbe avere rilievo penale riguarda il trasferimento di quattro prigionieri russi, uno dei quali gravemente ferito. Le regole avrebbero imposto ai soldati internazionali di portarlo, ma il gruppo era troppo esiguo per garantire allo stesso tempo sorveglianza e sicurezza. Furono così gli stessi prigionieri a trasportarlo. Durante un attacco con mortai da parte dell’esercito russo, uno dei detenuti morì e due rimasero feriti; Neidhart e i suoi compagni portarono in salvo se stessi e i feriti lievi, lasciando indietro il ferito grave.
«Pronto ad accettare una condanna» - Ora spetta alla Procura federale decidere se avviare un procedimento formale. Neidhart dice di sperare nell’archiviazione ma di essere pronto ad accettare una condanna. Invita inoltre a riconsiderare la politica di neutralità: la Svizzera, sostiene, non dovrebbe punire i cittadini che difendono un Paese vittima di un’aggressione illegale. Il Consiglio federale, tuttavia, ha già ribadito che non intende modificare la legge che vieta il servizio militare all’estero senza autorizzazione speciale.




