Over 50 in disoccupazione, il deputato Giorgio Fonio porta altri esempi e spiega come lo Stato può intervenire, sostenendo finanziariamente le aziende che assumono gli ultracinquantenni
LUGANO - «L’ultimo, recentissimo, caso è stato quello di un uomo che ha lavorato per tutta la vita in banca e a 60 anni, dall’oggi al domani, poveretto, è stato messo alla porta. Riorganizzazione aziendale, la motivazione...». Non sono storie isolate quelle degli ultracinquantenni che hanno perso lavoro e fiducia nel futuro. Ieri su Tio/20Minuti due di loro sono usciti allo scoperto per denunciare la loro «sensazione di abbandono», oggi invece è il deputato del Ppd Giorgio Fonio a raccogliere il testimone. Lui sindacalista e firmatario, assieme al presidente del suo partito Fiorenzo Dadò, dell’iniziativa parlamentare elaborata over 50, ha una visione quasi giornaliera di questi drammi.
«Arrivare a 60 anni e chiedersi cosa faccio - racconta Fonio -. Ho percepito in quest’uomo lo spaesamento totale, l’abbattimento e la consapevolezza di non poter più rientrare nel mondo del lavoro. E davanti a lui il percorso ad ostacoli di raggiungere, con grandi difficoltà, l’età della pensione».
Un’altra recente storia che le è rimasta impressa?
«Ho conosciuto un disoccupato che ha mollato tutto e, piuttosto che finire in assistenza, ha prelevato quel poco che aveva di secondo pilastro ed è partito per il Sud America dove ha aperto un piccolo bar. Gli auguro tutta la fortuna del mondo, ma non è questa la soluzione che auspichiamo».
Disoccupazione e poi assistenza. Sembra un percorso oggi quasi segnato…
«Sì, ma spesso sono persone che non vogliono accedere all’assistenza. Perché è una condizione che vivono come un’umiliazione. Spesso, inoltre, non ne hanno diritto. Non perché siano milionari, ma perché hanno magari acquistato una piccola casa. Parliamo di un ceto medio-basso. Al posto dell’affitto, pagano l’ipoteca. Poi viene a mancare il salario e tutto crolla».
In un mercato sano la via d’uscita sarebbe trovare un nuovo posto. O no?
«Ne ho discusso a lungo con lui, ma la possibilità che questo signore rientri nel mondo del lavoro è purtroppo vicina allo zero e questo non può essere accettato!».
Molti disoccupati colpevolizzano gli Uffici regionali di collocamento. È lì il problema?
«Gli URC cercano e fanno, il problema non sono loro, ma il mercato stesso. Non dimentichiamoci inoltre la concorrenza con cui gli URC sono confrontati, quella delle agenzie interinali!».
E poi c’è la politica che dovrebbe fornire risposte. Voi ne avete presentata una: un’iniziativa parlamentare mirata proprio sugli over 50. Di cosa si tratta, in sintesi?
«L’obiettivo è di evitare che gli ultracinquantenni dopo una vita di lavoro finiscano in assistenza a causa di scelte speculative. La mia chiara percezione è che queste persone non chiedono sussidi per stare a casa. Questi uomini e donne chiedono di poter lavorare! Perché il lavoro è dignità».
E dunque cosa proponete?
«Chiediamo che lo Stato sostenga quelle aziende che assumono questa fascia di popolazione. Oggi ci sono aiuti molto ridotti, noi proponiamo di intervenire con un sussidio del salario pari al 60%. Varia la durata, che sarà più lunga per una classe d’età più alta».
In pratica si tratta di usare diversamente i soldi oggi versati per l’assistenza?
«Ma non solo. Secondo me l’impatto sulle casse pubbliche sarà minore. Non fosse altro che oggi la persona in assistenza presenta spesso disagi psichici e problemi di salute che hanno un costo. C’è poi un ulteriore aspetto poco considerato...».
Quale?
«I giovani oggi iniziano più tardi a lavorare e anche il progetto di famiglia è posticipato. Sempre più ci saranno persone di 50 anni con i figli ancora agli studi. Il mercato del lavoro che esclude gli over 50 ha e avrà ricadute sempre più pesanti sulle famiglie e sulla stessa formazione dei figli».