Un’interrogazione solleva il problema della mancata vigilanza: «Il Consiglio di Stato rischia il reato di “gestione infedele”». E c’è un precedente sanzionato dal Tribunale federale
BELLINZONA - Dici Compodino e pensi ai rifiuti vegetali, alle puzze (nauseabonde a fasi alterne) e a un’autorità distratta. Distratta perché il prossimo 4 luglio saranno esattamente trent’anni che l’impianto di compostaggio opera in territorio di Locarno senza licenza edilizia. Con l’aggravante di trovarsi in zona agricola e non industriale. Cosa rischia l’organo di vigilanza cantonale, cioè il Governo? Per alcuni di incappare nel reato di “infedeltà nella gestione pubblica” (art. 314 del Codice penale, un reato perseguibile d’ufficio). E il precedente di un municipio argoviese condannato dal Tribunale federale presenta sorprendenti similitudini.
L’anomalia trentennale - Da decenni l’azienda del Piano di Magadino raccoglie e smaltisce gli scarti vegetali in conclamata e tollerata illegalità. Una anomalia rilevata anche dal Tribunale federale che lo scorso ottobre, con una sentenza che ha fatto notizia, aveva escluso la ditta dall’appalto per lo smaltimento del verde del comune di Locarno. La mancanza di una licenza edilizia (revocata nel lontano 4 luglio 1989) è tra i «fatti accertati dai giudici ticinesi, che vincolano anche il Tribunale federale», sottolineano i giudici losannesi motivando l’annullamento della commessa.
La lista degli impianti “riconosciuti” - Un vincolo che però non sembra tale per il Cantone, che infatti mantiene la Compodino nella lista dei tredici, citiamo ancora dalla sentenza del Tf, «impianti di compostaggio attivi e riconosciuti in Ticino, elaborata dal Dipartimento del territorio». Bellinzona evita di parlare di “impianti autorizzati”: le imprese che trattano scarti vegetali, si legge nella risposta del Governo ad un’interrogazione, «non necessitano di autorizzazione cantonale e la loro attività è regolata unicamente dal profilo edilizio». Sebbene l’intenzione, espressa dal Governo, di voler in futuro «imporre l’obbligo di autorizzazione» per questi impianti sottintenda l’esistenza di una falla.
Tolleranza perseguibile? - Ma è proprio su questo punto - la mancanza acclarata di una licenza edilizia - che il Consiglio di Stato rischia grosso per l’affaire Compodino. Almeno secondo la deputata Ppd Sara Beretta Piccoli, che in un’interrogazione appena inoltrata sostiene che «la tolleranza di una situazione illecita potrebbe tradursi nel reato di gestione infedele della cosa pubblica» (articolo 314 del Codice penale). E a sfavore del governo ci sarebbe già una giurisprudenza.
Il precedente - «Sapevano che il terreno non era in zona edificabile» scrive il Tribunale federale in una sentenza del 1985 (DTF 111 IV 83) che condanna i membri di un Municipio del canton Argovia riconosciuti colpevoli del reato di “infedeltà nella gestione pubblica”. Una settimana di detenzione sospesa e multa di 300 franchi al sindaco e al segretario comunale e tre giorni di carcere sospesi agli altri municipali. Queste le condanne per aver autorizzato la costruzione di una villa e una scuderia in zona agricola.
«Sapevano dell’illegalità» - Decisivo nella decisione finale del Tf era stato il fatto che il Municipio fosse consapevole di compiere un’illegalità. Pacifico anche, secondo Losanna, che il vantaggio a una terza persona, ossia quello di «poter costruire in aperta campagna», era dato. Rigettata invece la tesi difensiva secondo cui l’esecutivo da questa licenza edilizia non ne avrebbe tratto personale vantaggio, essendo sufficiente la lesione di interessi ideali. Trent'anni di consapevolezza saranno un alibi o un'aggravante?