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LUGANOLavorano tutta la notte, senza essere pagate

04.07.18 - 06:04
La veglia delle badanti confrontate con pazienti gravi continua a non essere riconosciuta. Il sindacalista: «Ora basta. Servono regole definite»
Lavorano tutta la notte, senza essere pagate
La veglia delle badanti confrontate con pazienti gravi continua a non essere riconosciuta. Il sindacalista: «Ora basta. Servono regole definite»

LUGANO – «Mi costringono a dormire a casa del mio paziente. È un continuo dormiveglia. Non riposo mai. Mi alzo almeno cinque volte a notte per accudirlo. Ma io, in quelle ore, non sono pagata…» La testimonianza è quella di Petra (vero nome noto alla redazione), donna dell’est che lavora come badante nel Luganese. Petra non è assunta direttamente da un privato. Ma è gestita da una delle oltre dieci agenzie di servizio badanti sparse per la Svizzera italiana. «Ci sono giorni in cui lavoro praticamente 24 ore su 24. Sono sfinita».

L’esercito delle straniere – In Ticino si contano circa un migliaio di badanti. Nella maggior parte dei casi si tratta di donne di origine straniera. Poche le svizzere. Che il settore fosse precario, non rappresenta una novità. Fa specie, tuttavia, sentire che anche sotto agenzia le cose non migliorano. Il caso di Petra non sembra essere isolato. Le voci sullo strano modo di operare dell’agenzia per cui lavora sono parecchie. Al momento difficilmente verificabili, nonostante le segnalazioni ai sindacati.

Un confine invisibile – Giangiorgio Gargantini, sindacalista di UNIA, segue da anni la situazione delle badanti “ticinesi”. Con una particolare attenzione alla copertura remunerativa delle ore notturne. «Raramente vengono retribuite come lavoro. Riceviamo tante segnalazioni su questo tema. Il problema principale è legato al fatto che quando una badante vive a casa del paziente è davvero difficile stabilire il confine tra lavoro e vita privata».

Manca l’ABC – Sarà. Intanto, quello della badanti è un settore in cui manca addirittura l’ABC delle regole che tutelano i lavoratori. «Spesso chi assume una badante non è cosciente di essere un datore di lavoro – precisa Gargantini –. Rispetto ad altri settori, nel dibattito sindacale sulle badanti manca la figura del padronato. Anche per questo facciamo così tanta fatica a trovare soluzioni valide. Stiamo discutendo con le agenzie più sensibili per cercare di regolamentare la questione delle ore notturne. Serve un contratto collettivo. E va definito cosa è lavoro e cosa no».

Momenti (apparentemente) poco impegnativi – Guardare la televisione o mangiare con un anziano è lavoro? Eppure, sosterranno alcuni, la badante in quelle precise occasioni, deve fare ben poco. «Quando una persona non può assentarsi dal luogo in cui lavora – tuona il sindacalista –, significa che sta lavorando. E dunque va retribuita».   

Scontro tra necessità – Qui, tuttavia, si scontrano due necessità agli antipodi. «Quella della lavoratrice, che oggettivamente non può lavorare 18 ore al giorno. E quella del datore di lavoro, che per fare fronte alla sorveglianza di una persona gravemente malata ha bisogno di una sorveglianza sull’arco delle 24 ore. E questo significherebbe avere a disposizione, solo per quello specifico paziente, almeno tre badanti che si alternino. Senza contare i giorni di libero e le vacanze».

Un male necessario – Insomma, la situazione di degrado in cui si trovano le badanti allo stato attuale è il prezzo da pagare per consentire alle famiglie ticinesi di non fare fronte a costi spropositati? «Lo Stato è probabilmente stato colto di sorpresa di fronte a questo maggiore bisogno sociale. E quindi tocca ai privati correre ai ripari, con soluzioni che spesso non rappresentano il massimo della legalità. Ora basta. Quella della badante è una professione relativamente nuova. Mancano i paletti. E spesso ci rendiamo conto che queste donne sono sole. Isolate. Non hanno opportunità di confronto. E pur di non perdere il posto di lavoro, accettano qualsiasi sopruso».   

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