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Odescalchi: dopo aver tolto una vita, ne sognano una

Gli imputati dell'omicidio di Chiasso si sono scusati e hanno raccontato i loro progetti per il futuro
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Odescalchi: dopo aver tolto una vita, ne sognano una
Gli imputati dell'omicidio di Chiasso si sono scusati e hanno raccontato i loro progetti per il futuro
LUGANO - Dopo aver ripercorso tutti i fatti che hanno portato all’omicidio di un 35enne portoghese in via Odescalchi l’8 ottobre 2015, il giudice ha chiesto agli imputati i loro progetti di vita una volta che questa storia sarà fin...

LUGANO - Dopo aver ripercorso tutti i fatti che hanno portato all’omicidio di un 35enne portoghese in via Odescalchi l’8 ottobre 2015, il giudice ha chiesto agli imputati i loro progetti di vita una volta che questa storia sarà finita, in caso di condanna un futuro non così immediato.

Le condoglianze - Tutti hanno voluto spendere qualche parola per la famiglia della vittima, porgendo le proprie condoglianze. Segno di pentimento che non sembra essere stato gradito da parte del pubblico in aula. Le parole degli imputati sono state commentate con cenni di disapprovazione da alcuni parenti della vittima, i quali hanno mantenuto una dignitosa compostezza.

Lo sparatore - Il primo a parlare è stato Qëndrim Berisha, 27 anni, svizzero di origini kosovare, colui che quella fatidica sera aprì il fuoco: «Quella sera ho commesso l’errore più grande della mia vita. Vorrei chiedere scusa alla sua famiglia». E per il futuro? «Tornerò a lavorare con mio padre, spero di trovare una brava ragazza e crearmi una famiglia».

L’uomo col manganello - Alberto Magno Guimaraes Inociencio, 27 anni, italo-brasiliano, atterrò la vittima con il suo bastone tattico. «Ho sbagliato ad andare quella sera. Quando uscirò, vorrei tornare in Brasile, vorrei portarci tutta la mia famiglia, anche mio fratello che abita in Svizzera». Laggiù sogna di «vivere tranquillo e aprire un’attività. Ho visto che questa vita non porta da nessuna parte».

Fondare un’impresa - Lo svizzero di origini ucraine Yevhen Spiyhavka, 27 anni si è detto dispiaciuto per essersi messo «in questa situazione e per la droga che ho venduto». Anche lui ha spiegato di aver avuto tempo di pensare in carcere. «Come sapete domani mi sposo, spero di crearmi una famiglia e trovare un lavoro», ha detto. Riproponendo poi un sogno presente anche nell’atto d’accusa, visto che ci aveva già provato ad agosto 2015 commettendo il reato di conseguimento fraudolento di una falsa attestazione: «Spero di riuscire con mio padre a fondare una società di costruzioni in Svizzera, di sicuro non andrò mai più a vendere droga».

Rischio di espulsione - Fidan Mavraj, 29 anni, cittadino kosovaro, si è detto pentito di aver iniziato a frequentare il giro della vita notturna: «Non ha fatto che portarmi guai», ha detto. Nessuno della sua famiglia si è mai avvicinato a quegli ambienti. «Per me, mio fratello è un esempio. È servito il carcere per farmelo capire», spiega dopo quasi un anno di carcerazione preventiva ed espiazione anticipata della pena. Una volta uscito dal carcere sogna di prendere un diploma da meccanico di precisione. Kosovaro non naturalizzato rischia però l’espulsione dal Paese. «In Kosovo sono tornato solo in vacanza, sempre per pochi giorni», ha raccontato. Il resto della sua famiglia, invece, ha ottenuto la cittadinanza svizzera.

Il ritorno in Romania - Marinel Lupulescu, 37 anni, rumeno, ha deciso che, scontata la pena, farà ritorno nel suo Paese. «Voglio stare vicino a mia figlia che ha tredici anni», ha spiegato. «Ho sbagliato in questi 5 o 6 anni», ha aggiunto. «Voglio stare vicino alla mia famiglia e trovare un lavoro come meccanico o nella trafilatura, è quello che ho sempre fatto».

 

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