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CHIASSOLa vittima alla sorella: «Si sta per scatenare l'inferno»

12.09.16 - 15:33
Il dibattimento è ripreso alle 14.00 con il racconto delle ore che hanno preceduto il delitto di via Odescalchi
Si preannuncia tanto lavoro per gli avvocati difensori Luca Marcellini, Luigi Mattei e Yasar Ravi
Il dibattimento è ripreso alle 14.00 con il racconto delle ore che hanno preceduto il delitto di via Odescalchi

CHIASSO - La sera dell'8 ottobre 2015, un 35enne  giardiniere portoghese fu ucciso in uno scontro a fuoco davanti alla sua abitazione di Via Odescalchi a Chiasso. Cinque uomini sono chiamati oggi a rispondere di quell'assassinio, subordinatamente di omicidio intenzionale, e svariati altri reati.

17:05

Il messaggio alla vittima - Alle 20.16 da Berisha scrive alla vittima: «Dove sei?». Nasce una discussione tra il giudice e il difensore di Berisha, l’avvocato Luca Marcellini. Il tabulato mostrano l’ora d’invio o di ricezione? La procuratrice pubblica Pamela Pedretti riceve mandato dal giudice di accertare i dati contenuti nei tabulati. Il processo si aggiorna a domani.

16:50

In auto direzione Maxim - Il gruppo si divide in auto per andare a Chiasso, quelle di Lupulescu e Spizhavka. Il rumeno, con Mavraj, avrebbe poi voluto proseguire per Milano. Il giudice ha interrogato a lungo tutti gli imputati su ciò di cui hanno parlato in auto. Veramente il gruppo sta andando al Maxim di Chiasso per svago? È solo un caso che il locale sia proprio nei pressi dell’abitazione della vittima? «È l’unico locale che cambia regolarmente le ragazze», risponde Berisha. «Ce ne sono tanti di locali del genere, ne è pieno il Cantone. Non devo insegnarvelo io dove sono», contesta ancora il giudice, trovando solo il silenzio degli imputati.

16:38

Erano in troppi - Perché gli albanesi non sono venuti? «Forse non hanno trovato il posto», risponde Berisha. Non è così, gli interrogatori agli amici della vittima mostrano un’altra prospettiva: arrivati nella zona del Cinestar hanno visto che gli avversari erano in troppi. Il portoghese avrebbe voluto affrontarli, ma l’amico albanese lo convince a non rischiare. Li avrebbero affrontati uno a uno, lo conforta. I due fanno ritorno a Chiasso, un viaggio di quasi un’ora, non vi sono però indizi che spieghino la lentezza del trasferimento. I gruppo degli imputati decide di andare a bere qualcosa in un bar. «Di cosa avete discusso al bar?». Della vincita alla slot machine e delle ragazze del postribolo di Chiasso dove andranno di lì a poco, risponde Guimaraes. Il giudice Ermani non ci crede: «Si va in un postribolo con il manganello? Berisha, al Maxim si va con la pistola?»

16:21

Alle 19.23 nella Vedeggio-Cassarate - La videocamera della Vedeggio-Cassarate mostra il passaggio di un’auto con a bordo la vittima e uno degli albanesi alle 19.23 dell’8 ottobre, ma non arrivarono all’appuntamento nei pressi dello stadio. Lì ci sono solo gli imputati: «Guimaraes, cosa c’era nella sua testa? Di morire con coraggio?», chiede Ermani. «No, avevo paura», risponde l’italo-brasiliano. Proprio per questo si portò un manganello: «Era nuovo, lo tenevo infilato nella cintura. L’avevo acquistato dai cinesi», chiarisce, affermando che quella è stata la prima volta che girava con il bastone tattico. Tra gli altri imputati solo Spizhavka ammette di aver saputo di questo manganello.

15:42

L'appuntamento a Lugano però non si concretizzerà, il gruppo deciderà quindi di andare a Chiasso. Questi eventi saranno raccontati dalle 16, dopo una breve pausa.

15:36

«Pensavo fossero altri albanesi» - Mavraj, nel frattempo, chiama Lupulescu, con cui sarebbe dovuto andare a Milano, spiegandogli che doveva andare a Lugano a vedersi con gli albanesi e lo invita a raggiungerlo nei pressi dello stadio. «Ho pensato che dovesse incontrare degli albanesi per dei saluti. Io non sapevo che erano gli albanesi della lite», spiega il quinto imputato. «Io non sapevo che c’erano i casini». Ma il giudice non sembra credere del tutto a questa versione: un amico di Lupulescu, infatti, gli sconsigliò di andare con quel gruppo. «Se l’avesse ascoltato non sarebbe probabilmente qua», commenta.

15:31

Coinvolto lo zio - Spizhavka contatta anche uno zio di Berisha, una delle figure di riferimento nel gruppo famigliare e nella comunità kosovara, che avrebbe, secondo gli imputati, potuto aiutare a risolvere la situazione. «Tuo nipote ha problemi con gli albanesi», ha scritto Spizhavka. Il giudice Ermani spiega al pubblico: «Per chi non conosce l'incarto, anticipo che questo zio tornerà più avanti nel processo».

15:23

«Raduniamoci tutti iniseme» -  Spizhavka, alle 18.10, chiama ancora Berisha. «Adesso porto la ragazza a casa, siamo qua sul Lungolago, poi arrivo. «Avverti tutti quanti, tutti quanti, raduniamoci tutti insieme».

15:22

Incontro a Lugano - Berisha si sente ancora con la vittima. Si mettono d’accordo per incontrarsi a Lugano. Dopo chiama l’amico Mavraj che riferisce il contenuto della telefonata: «Vieni, vieni, stanno arrivando gli albanesi». Mavraj decide così di andare a Lugano, piuttosto che a Milano con Lupulescu, come preventivato. «All’inizio mi ha detto di incontrarci ai grattacieli, poi ha detto allo stadio», spiega Mavraj.

15:20

«Ero arrabbiato e spaventato» - «Questa telefonata descrive bene il suo stato d’animo, Berisha», dice il giudice Ermani. «Ero arrabbiato e spaventato - conferma l’imputato - non ricordavo nemmeno di aver usato queste parole».⁠

15:19

La telefonata tra Berisha e Spizhavka - Dopo la chiamata tra il portoghese e Berisha, questi chiama l’amico Spizhavka e gli riferisce delle minacce. «Stasera vado là, basta, mi frega un ca**o, chi vedo gli sparo», si sente nella telefonata riprodotta in aula. «Non andare là», gli risponde Spizhavka. «Sì, sì…». Ancora l'amico cerca di dissuaderlo: «Non andare, saranno in giro» e lo invita a vedersi di persona.

15:14

«Ha minacciato me e la mia famiglia» - Poi la vittima parla con Berisha, il quale riferisce di essere stato minacciato dalla vittima: per la rissa avvenuta il 5 ottobre a Lugano e per qualcosa legato alla moglie del portoghese, verosimilmente la visita al ristorante. «Ha detto che avrebbe ammazzato me e la mia famiglia». Il kosovaro poi inizierà a contattare gli amici: «Pensavo che dietro alle minacce della vittima ci fossero gli albanesi». Poi aggiunge: «Non sapevo cosa fare, ero spaventato».

15:05

«Si sta per scatenare l'inferno» - Tanto che l'uomo scriverà ancora alla sorella: "Si sta per scatenare l'inferno". "Ecco, questo è il clima che si sta creando da una parte e dall'altra", sintetizza Ermani.

15:04

Probabile coincidenza, ma la rabbia della vittima cresce - Il portoghese racconterà ancora a una terza persona, di come qualcuno avesse minacciato sua moglie e il figlio, presentandosi al ristorante della famiglia di quest'ultima. Il giudice Ermani, a questo punto, chiede agli imputati se possano sapere chi è andato nel locale. "Io ho l'impressione che la moglie abbia visto quattro kosovari e si sia messa in mente tutto", riassume il giudice. Una probabile coincidenza che, però, non farà che aumentare la rabbia e l'eccitazione della vittima.

15:01

«Se qualcuno si avvicina a te, lo spello» - L'uomo legge la visita al ristorante (di cui non si conoscono i protagonisti) come una minaccia alla sua famiglia. Così scrive alla moglie via messaggio: «Oggi li abbatto uno a uno, vanno dove lavori e guerra sia». E ancora: «Li abbatto uno a uno, sul mio respiro lo giuro. Se qualcuno si avvicina a te, lo spello».

14:57

Discussioni con le mogli prima di morire - Durante la sua ultima giornata di vita, l'uomo discute frequentemente sia con l'ex moglie che con l'attuale. Alla prima deve portare i soldi degli alimenti. Con la seconda discute, invece, del fatto che un kosovaro era stato a pranzo nel locale in cui lavora.

14:46

Ora il giudice Mauro Ermani ricostruisce le ultime ore di vita della vittima.

14:46

«Hai fatto il signore» - Dopo questo episodio, Guimaraes disse a Berisha «Hai fatto il signore», intendendo che li aveva intimoriti senza fare del male a nessuno. Anche Berisha spiega di essersi sentito un po’ più tranquillo, per aver messo un freno alle minacce. Gli rimaneva però il timore che altri albanesi potessero rispondere, «gli albanesi più grandi», ha detto Berisha

14:38

Berisha, minaccia con pistola - Dopo essere stati nel postribolo di Chiasso, adiacente al luogo del delitto, il gruppo incontrò uno degli albanesi. Berisha avvicinò l’auto dei rivali e li minacciò con la pistola, chiedendo di essere lasciato in pace. Berisha afferma di averla mostrata senza sfilarla dai pantaloni. Altri due imputati, Guimaraes e Spizhavka, affermano invece che l’amico ha puntato la pistola dentro l’auto.

14:34
Si preannuncia tanto lavoro per gli avvocati difensori Luca Marcellini, Luigi Mattei e Yasar Ravi
14:28

Uscita con l'arma - La sera prima del delitto (il 7 ottobre NdR), il gruppo decide di andare a bere qualcosa in vari locali e postriboli tra Lugano e Chiasso. Berisha decise di portare un’arma. L’imputato afferma di averla presa vista la situazione di tensione. Arma che deteneva da due anni nascosta in cantina. Secondo l’uomo, che afferma di non averla mai caricata, la pistola gli fu già venduta con i proiettili nel magazzino.

14:26

Minacce prima del delitto - Il 7 ottobre i battibecchi tra le due bande continuano. Berisha e gli albanesi si scambiano più o meno velate minacce. Questi scambi continuano anche il giorno del delitto.

14:24

«5'000 franchi per l'intromissione» - A questo messaggio, Mavraj rispose in modo inaspettato, chiedendo in una chiamata al portoghese il pagamento di 5’000 franchi, “multa” dovuta per essersi intromesso nella questione. «Non è il messaggio del bullo che dice, adesso vi sistemo io», contesta Ermani, «io vorrei capire il perché di questa risposta». Mavraj spiega l'idea era quella di far paura agli albanesi, e aggiunge che dopo la telefonata non aveva intenzione di andare a incassare la cosiddetta multa.

14:15

Il messaggio della vittima: «Frate', avete fatto la ca**ata più grossa della vostra vita» - Il giorno dopo la rissa la vittima scrisse un sms a Berisha, presunto autore materiale del delitto: «Frate', guarda ti giuro sulla mia vita che ti voglio bene. Ma credimi avete fatto la ca**ata più grossa della vostra vita. Non immagini che è quello e chi c'è dietro di lui. Guarda io ne sto fuori perché ho paura e ho una famiglia. Questa gente non guarda in faccia a nessuno. Credimi frate'!». Un messaggio, secondo il giudice, per niente intimidatorio. Ma gli imputati spiegano di averlo letto come un'ulteriore minaccia.

14:11

Riprende il processo per il delitto di via Odescalchi. Si continuano a ripercorrere i giorni precedenti il crimine. In particolare dopo la rissa in un locale notturno del Luganese tra alcuni degli imputati e un gruppo di albanesi, amici della vittima.

12:32

Vittima coinvolta in ciò che stava accadendo - Il portoghese, si scopre dagli interrogatori, era molto coinvolto da ciò che stava succedendo nella discoteca. I due albanesi lo hanno rimproverato di non essere andato con loro a Lugano. A Chiasso, il 36enne, dopo la telefonata con Berisha, viene descritto come molto arrabbiato. L'imputato però ribadisce di non ricordare.

Il portoghese, si scopre dall'interrogatorio alla moglie, era rimasto a Chiasso perché letteralmente chiuso in casa a chiave dalla donna.                         

Il processo si interrompe per la pausa pranzo, riprenderà alle 14.00.

12:26

«Avevamo paura potesse succedere qualcosa» - «Quella sera lì con che sentimenti siete tornati a casa?», chiede il giudice. «Con un sentimento di paura, con la sensazione che potesse succedere qualcosa», risponde Berisha. «Cosa fanno le persone civili quando hanno paura?», chiede Ermani. «Chiamano la polizia», risponde sottovoce Berisha. «I gasati, invece, quelli che muoiono con onore invece no», risponde Ermani citando le parole di Guimaraes e chiedendogli se è ancora di questa idea. «No», replica l’italo-brasiliano. «Almeno per questo il carcere ha fatto qualcosa».

In tutto questo la vittima cosa c’entra? «Niente», dice Marvaj. «Anche secondo me non c’entra niente», gli fa eco il giudice. L’unico legame, infatti, è quello di amicizia con gli albanesi che hanno partecipato allo scontro. Nell’appartamento di via Odescalchi, però, di quella notte si è parlato. E uno degli albanesi ha mostrato alla vittima una pistola dicendo: «Adesso ci penso io».

La vittima, però, si immischia. Con un sms riguardante la lite mandato a Berisha. Poi c’è stata una telefonata tra la vittima e il giovane kosovaro. Cosa si sono detti? «Non me lo ricordo, ero ubriaco», risponde. Il giudice Ermani gli ricorda che non conviene mentire: «Lei è accusato del reato più grave del codice penale, non le conviene mentire».

12:22

La paura che gli albanesi fossero armati - Secondo il racconto del manager della sicurezza della discoteca, gli albanesi sono stati espulsi dal locale, mentre si è scelto di tenere all’interno gli imputati. Tra gli agenti circolava la voce che gli albanesi avessero una pistola. «Avevamo paura di uscire», spiega Berisha, «La sicurezza ci ha tenuti al sicuro dentro al locale fino alle cinque».  Già quattro o cinque mesi prima, durante una rissa nello stesso locale, tra albanesi e kosovari (non il gruppo degli imputati) era stata estratta una pistola. Invece, il 5 ottobre, secondo il giudice non c’era alcuna pistola. Questo sarebbe stato solo un timore degli addetti della sicurezza.

12:14

«Atteggiamento da gangster» - ⁠⁠⁠«Amavano l’atteggiamento da gangster», racconta in un interrogatorio il responsabile della sicurezza della discoteca luganese. L'uomo spiega come, sia attraverso l’atteggiamento adottato nel locale, che con le immagini postate sui social network, i quattro (escluso Lupulescu) amassero mostrarsi come malviventi. Lupulescu, invece, viene descritto come una persona conciliante, che la sera della rissa avesse cercato di calmare gli animi.

12:11

Proiettato il video della rissa - In aula viene proiettato il video della rissa, svoltasi al centro della pista da ballo del locale. Le immagini vengono proiettate al rallentatore, mostrando gli imputati che scendono dal privé e vanno a picchiare i contendenti sulla pista. Guimaraes ha sferrato il calcio a un uomo a terra. Per questo il giudice chiede come mai l’accusa non abbia configurato anche il reato di lesioni semplici. Pamela Pedretti spiega che non c’erano certificati medici che permettessero di proporre l’accusa anche per questo reato.

12:03

«Sberle, significato particolare» - Ermani chiama poi in causa Marvaj: «Perche ha dato una sberla e non un pugno?». La sberla, emerge dagli interrogatori, ha un significato particolare nella cultura albanese: per un uomo è umiliante, perche le sberle le ricevono i bambini e le donne. «Certo che lei, col suo fisico, fa male anche con una sberla», aggiunge Ermani.

12:02

«Non solo spintoni» - Il giudice legge l’interrogatorio di Berisha riguardante la rissa nel locale notturno dove il kosovaro smussa un po’ l’avvenuto, parlando di alcuni spintoni. «Berisha nell’interrogatorio lei ha minimizzato ancora», rinnova Ermani. «È una costante, ma abbiamo il video e non vi siete solo spintonati. Oggi ha la possibilità di raccontare la verità, se lo ricordi bene».

11:59

La rissa degenera - Durante la rissa intervengono anche gli altri: «Ho tirato un high-kick a uno di loro», racconta Guimares.

11:57

Pugni e schiaffi - È nata una discussione, un po’ animata, ma è poi rientrata. Berisha spiega che dopo un attimo le cose si sono calmate e lui si è stretto anche la mano con uno del gruppo rivale. Mezz’ora dopo, però, Guimaraes avvia un’altra discussione, sempre per questione di occupazione dei divani del locale. Entra allora in scena Mavraj: «Ho sentito l’albanese usare termini molto minacciosi, così l’ho colpito con uno schiaffo», racconta Marvaj. Poi ancora un pugno quando arrivò la sicurezza del locale

11:50

Galeotto fu il reggiseno - La sera 5 di ottobre in una discoteca nel Luganese c’era un festa rumena. Il portoghese non è potuto andare, perché la moglie aveva trovato in casa il reggiseno di una donna rumena e gli aveva impedito di uscire. Gli imputati, invece, nel locale notturno, ci sono. In aula emergono le dinamiche all’interno del locale. I gruppi rivali non si mischiano, ma un amico degli imputati, studente in una scuola americana di Lugano, invade l’area “degli albanesi”.

11:48

«È una costante che lei venga smentito dalle immagini» - «È vero, ha iniziato l'altro. Ma quando l'altro si è fermato, lei ha continuato. Non si è fermato lì», afferma il giudice. «La responsabilità della lite non è sua, la testata l'ha data l'altro. Ma poi lei non si ferma, lo dicono le immagini». Video che viene mostrato in aula. «È un po' una costante per lei di essere smentito dalle immagini. È meglio per lei se una volta tanto ci racconta la verità».

11:46

Il video - Il giudice chiede di guardare il video spiegando: «Quando lei non sa che ci sono delle prove audio-video la racconta sempre un po' così. Lei non si è fermato, l'hanno dovuta fermare». In seguito all'episodio Berisha ha preso 5 giorni di isolamento, l'altro ne ha presi 20. All'esterno del carcere si è poi scatenata una rissa tra gli amici dei due.

11:45

Rissa in carcere - Diverso il comportamento alla Stampa di Berisha: in carcere lavora in lavanderia, frequenta un corso di inglese e di educazione visiva. Andando in palestra in carcere, il giovane kosovaro, si è scontrato con il cugino di uno degli albanesi che frequentavano la vittima. È nata una discussione sull’uso di un attrezzo, ne è nata una rissa. «Per la paura mi sono difeso», afferma Berisha. «Come ha reagito?», chiede il giudice. Poi afferma: «Abbiamo il video».

11:39

Nessun problema in carcere - Guimaraes, dopo aver lavorato per un periodo in falegnameria, fa lo scopino al 100%. Segue un corso di inglese e di educazione fisica. Lupulescu lavora in laboratorio al 100%, non segue alcun corso. Nei confronti di questi quattro non risultano provvedimenti disciplinari.

11:38

Lavoro in carcere - Dopo una pausa riprende il dibattimento. Dopo il delitto il primo a essere stato arrestato nel suo appartamento è Guimaraes, poi Berisha si è costituito, Lupulescu anche si è costituito, così come Mavraj. Tutti sono in espiazione anticipata della pena. Mavraj lavora in carcere al 100% e ha seguito un corso: «Racconta la tua storia», seguito da una psicologa. Spizhavka, inizialmente ha lavorato in falegnameria, poi alle targhe, è impiegato al 100%. Segue un corso di informatica e uno di ginnastica.

11:25
Archivio Tipress
11:07

«Ditemi la verità» - Il giudice Ermani, di fronte all’ennesima risposta elusiva mostra un po’ di impazienza: «Volete andare avanti a raccontare le bugie che avete raccontato durante l’istruttoria? Salvo poi essere smentiti dai filmati, dalle telefonate, dagli sms». E continua: «Io oggi voglio che mi dica la verità sulla pistola, Berisha. Pensa che siamo così stupidi da credere che qualcuno che passava di lì gliel’abbia messa in mano? A pochi metri dal luogo di una sparatoria?». Berisha risponde sottovoce: «È stato proprio così».

11:05

«Non sembra che vi conosciate da poco» - Come avete conosciuto la vittima? Berisha ha conosciuto la vittima tramite la sua compagna. Una ragazza bellissima, che tutti invidiavano. Saluti e chiacchiere tra conoscenti, è capitato di bere qualcosa assieme. Mavraj lo conosceva di vista. Guimaraes e Spizhavka negano di averlo mai visto. «Guardate che ci sono le immagini», dice Ermani. «La vittima scende dalla macchina e non ha l’impressione di incontrare due estranei e ci sono lì Guimaraes e Spizhavka. Non dà l’impressione di vedervi per la prima volta».

10:58

 «Conoscenti, non amici» - Il giudice cerca di capire i rapporti tra gli imputati. Alcuni di loro si sono conosciuti in palestra, altri a scuola. L’unico esterno a questo cerchio dell’amicizia sembra essere Lupulescu, che spiega al giudice: «Li considero conoscenti, non amici». Almeno la sera precedente a Milano Mavraj e Lupulescu, però, si sono divertiti e hanno avuto anche fortuna: «Gli esami tossicologici sulla salma hanno confermato l’uso di cocaina», spiega il rumeno.

10:50

Uso di coca - Gli esami tossicologici sulla salma hanno confermato che facesse uso di cocaina.

10:49

Cattive frequentazioni - Chi era la vittima? Sposato in seconde nozze, portoghese, aveva già due figli. Giardiniere, amava viaggiare e divertirsi. Poco prima del delitto stava avendo dei problemi con la moglie per le sue frequentazioni. Girava con un gruppo di albanesi con cui spacciava e consumava cocaina, persone che frequentavano anche casa sua. Aveva anche una pistola, datagli da un amico albanese, verosimilmente la pistola usata durante lo scontro di Via Odescalchi. «L'ambiente in cui viveva la vittima era fortemente condizionato dalle sue frequentazioni», spiega Ermani.

10:45

Matrimonio in carcere - «Dopodomani mi sposo». Approfittando di una pausa del processo, lo svizzero-ucraino convolerà nozza con un'ex prostituta che ha aiutato a uscire dal giro. Anche l’ultimo imputato ha numerosi precedenti. Per lesioni, ha picchiato in due occasioni degli uomini, tra cui un bagnino del Lido di Lugano.

10:44

Tenore di vita alto - L’ultimo imputato Spizhavka. Dopo la naturalizzazione voleva fare carriera militare, ma un infortunio glielo ha impedito. Un precedente, inoltre, gli ha negato la possibilità di un avanzamento di grado nell’Esercito. Dopo un breve trasferimento a Dubai, è tornato in Ucraina. L’imputato afferma di aver vissuto grazie a dei soldi inviati dal padre da Dubai. Ma Ermani non ci crede: «Nel vostro interesse, oggi è l’ultima occasione di dire la verità. Lei spacciava cocaina». L’imputato ammette parzialmente di averlo fatto, ma nega di aver guadagnato quanto il suo tenore di vita lasciava intendere. «Io devo aver sbagliato qualcosa nella mia vita», commenta ironico Ermani, «quel tenore di vita non è il tenore di vita di una persona che non lavora». Tra gli altri lussi del giovane disoccupato, una Bmw X5 del 2010.

10:32

Precedenti anche per il terzo - Tocca a Mavraj, cittadino kosovaro. Dopo un apprendistato di libraio non concluso, ha lavorato per aziende di lavoro interinale. Infine anche lui ha trovato impiego come agente di sicurezza in locali notturni e, più di recente, in un postribolo del Luganese. Anche il terzo imputato ha numerosi precedenti: ripetute vie di fatto. Minacce. Ha poi rivolto un coltello verso un uomo. Commesso un incidente in stato di inattitudine e si è rifiutato di sottoporsi ai controlli. Danneggiamento. Aggressione, ai posteggi del Fox Town, ha picchiato un uomo con pugni e calci. Ha venduto una pistola illegalmente. Infine un’altra aggressione.

10:21

«Ci siamo già visti» - È il turno di Lupulescu: diploma di informatica nel 99 in Romania. Poi ha lavorato in Francia e Italia, dove era impiegato in nero nell’agricoltura e nell’edilizia. In sanatoria ha potuto regolarizzare la propria residenza in Italia. Anche per lui non mancano i precedenti. «Noi in un’occasione ci siamo già visti», gli ricorda Ermani. L’uomo è stato condannato a 200 aliquote per un furto di una cassaforte e anche per una grave infrazione alle norme della circolazione. Dopo questa condanna, in Italia ha lavorato come agente di sicurezza in Italia, sempre in nero. Prima del delitto veniva spesso in Svizzera avendo una relazione con una prostituta rumena.

10:13

Il rifiuto per zoofolia - Infine il giudice Ermani rimprovera l’italo-brasiliano per non aver svelato il contenuto del suo telefonino agli agenti. Le motivazioni? Il timore di essere accusato di pornografia. «Guardi che è morta una persona e le immagine pornografiche che ci sono su quel telefonino non contano niente», afferma Ermani. «Lei si è rifiutato di dare il suo codice del telefonino affermando di avere delle sullo smartphone delle immagini di zoofilia». Si parla di un rapporto anale di un uomo con una gallina, un rapporto di un uomo con un asino e altri rapporti con animali.

10:11

Diversi precedenti - Tocca a Guimaraes. Rimasto in Brasile fino ai 19,poi è venuto in Italia. Ha iniziato a lavorare in Svizzera come frontaliere, nel 2011 ha ottenuto il permesso B. In Ticino subì un grave infortunio, dopo il quale beneficiò di aiuti sociali. Anche per lui diversi precedenti: usura per affitto delle camere alle prostitute e complicità nel promovimento della prostituzione. Guida senza patente, infrazione alla legge sulla circolazione stradale. Infine l’episodio più noto e più grave:  a Paradiso a bordo di una Audi Q5 investì un agente di polizia per sottrarsi a un controllo.  

10:04

Violento - Numerosi i precedenti dello svizzero di origini kosovare: lesioni semplici in una discoteca, fratturò la mandibola di un uomo con un pugno, «Ha il pugno pesante», commenta Ermani. Poi danneggiamento in un hotel dove ha inseguito delle persone con cui ha litigato. Infrazione alla legge sulle armi per aver detenuto in auto un bastone tattico telescopico. Lesioni semplici per aver picchiato a pugni un uomo, dopo avergli spruzzato dello spray al pepe e infine ha infierito scagliandogli una sedia.

09:59

«Avete capito?» - «Avete capito di cosa siete accusati?», chiede il giudice Mauro Ermani. Tutti annuiscono, così il giudice inizia gli interrogatori. Il primo a rispondere alle domande è Berisha. Trasferitosi dal Kosovo con la famiglia quando aveva due anni ha frequentato le scuole in Ticino. Dopo nove mesi di stage come impiegato di commercio, ha iniziato a lavorare come agente di sicurezza. Prima facendo ronde notturne, poi discoteche e infine in un postribolo di Lugano.

09:46

 Ammanettati - Gli imputati sono stati accompagnati in aula ammanettati. Una volta assegnati loro i posti, circondati da agenti di polizia, gli sono stati tolti i bracciali e il giudice Mauro Ermani ha suonato la campanella aprendo il processo.

09:43

Dispositivo di sicurezza imponente - Imponente il dispositivo di sicurezza: il processo è iniziato con circa 15 minuti di ritardo per dare modo agli agenti della Polizia cantonale di controllare tutte le persone presenti nell’aula del Tribunale penale di Lugano. Metal detector e perquisizione delle borse per avvocati, giornalisti e pubblico.

09:42

Gli imputati alla sbarra - Alla sbarra vi sono Qëndrim Berisha, 26 anni, svizzero di origini kosovare, autore materiale del delitto; Alberto Magno Inocencio Guimares, 26 anni, italo-brasiliano, che atterrò la vittima con un manganello; Alin Marinel Lupulescu, 36 anni, rumeno; Fidan Mavray, 29 anni, kosovaro; Yevhen Urievich Spizhavka, 27 anni, svizzero di origini ucraine.

09:42

Inizia il processo Odescalchi - A presiedere il processo il giudice Mauro Ermani. Giudici a latere: Manuela Frequin Taminelli e Luca Zorzi. L'accusa è promossa dalla procuratrice pubblica Pamela Pedretti. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Luca Marcellini, Deborah Gobbi, Yasar Ravi, Luigi Mattei e Mario Bazzi.

21:53
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