Ecco cosa c’è nella testa di chi ammazza un animale

Dopo il gatto ucciso a botte a Roveredo, il problema torna d’attualità. L’avvocato: «Leggi troppo soft». Lo psicologo: «Dietro a un simile gesto, spesso c’è un desiderio di vendetta verso l’uomo»
ROVEREDO (GR) — «L’hanno trovato con un trauma cranico e con il collo rotto. Qualcuno me l’ha ucciso di botte». È ancora scossa, Monica Menghetti, la signora di Roveredo (Grigioni) che la scorsa settimana ha ritrovato morto ammazzato il suo gatto, a poche decine di metri da casa. E si tratta dell’ennesimo caso di animale ucciso da ignoti nella Svizzera italiana. «La lista è lunga – spiega Corinne Vago, avvocato da anni in lotta per i diritti degli animali – e bisogna anche dire che le sanzioni purtroppo sono troppo blande. Le leggi attuali non possono garantire un effetto deterrente».
Nei meandri della mente - Chi non si ricorda dell’avvelenatore seriale di cani a Biasca, tanto per fare un esempio? Anche a Roveredo la vicenda di Monica Menghetti sembra non essere isolata. «Sono spariti altri gatti negli ultimi mesi» dice la donna. Ma perché si arriva a uccidere un animale in maniera tanto subdola? Secondo lo psicologo Luigi Gianini vanno presi in considerazione vari aspetti. «Prima di tutto l’umanizzazione dell’essere animale. In alcune situazioni, il proprietario mette l’animale domestico sullo stesso piano di una persona».
Colpo al cuore - Un comportamento da cui ne derivano altri. «Chi uccide un animale – riprende Gianini – solitamente lo fa per vendetta verso un essere umano. Volendo colpire al cuore un “nemico”, si attacca l’animale indifeso. Ecco perché l’odio tra vicini a volte sfocia nell’avvelenamento di un cane o di un gatto». Corinne Vago non ha dubbi: «Chi uccide un animale è una persona debole. Dotata di scarsa intelligenza. Frustrata».
Capri espiatori - Solitamente il padrone dell’animale ucciso deposita alla polizia una denuncia contro ignoti. «È difficile cogliere l’autore in flagrante», ammette Vago. «A volte – riprende Gianini – sono i comportamenti scorretti dei proprietari a provocare un gesto tanto incivile. Pensiamo, ad esempio, a quanta rabbia cova nei confronti di quelle persone che portano a spasso il loro cane senza guinzaglio, infischiandosene delle leggi. A lungo andare può capitare che si inizi a odiare i cani più che i proprietari».
Il gatto che miagola - Lo psicologo torna poi sul rapporto tra uomo e animale, evolutosi parecchio negli ultimi decenni. «Forse il modo in cui veneriamo i nostri animali domestici è già una forma di violenza. A volte si esagera davvero. Usiamo i nostri animali per colmare i nostri bisogni affettivi. Questo crea un legame di reciproca dipendenza. E poi basta che il padrone manchi due giorni da casa, per fare miagolare un gatto a dismisura. Sono dettagli che, a lungo andare, possono infastidire vicini di casa con personalità disturbate».
Bestie innocenti - «La mente umana è molto variegata – conclude Vago – alcuni comportamenti diventano difficili da decifrare. Magari uno ha già diversi traumi alle spalle, un percorso complicato. E sfogarsi sull’animale innocente diventa il mezzo per buttare fuori la propria frustrazione».




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