Solo timidi aumenti in busta paga

Inflazione e barriere commerciali zavorrano i negoziati salariali in vista del 2026
ZURIGO - Le barriere commerciali e l'inflazione anemica in Svizzera peseranno sui negoziati salariali per il 2026, avverte oggi UBS in occasione della pubblicazione del suo tradizionale sondaggio tra i datori di lavoro. Gli aumenti nominali in busta paga dovrebbero rimanere la norma, ma rischiano fortemente di attestarsi intorno all'1,0%, contro l'1,4% dell'anno in corso.
Tenuto conto dell'inflazione, l'aumento dei salari reali dovrebbe ridursi allo 0,5%, dopo l'1,2% del 2025.
Se i dipendenti nei settori dei servizi informatici e delle telecomunicazioni sembrano privilegiati con una crescita media dello stipendio nominale dell'1,7%, l'orologeria e la gioielleria rischiano di doversi accontentare dello 0,4%.
"Il settore dell'orologeria e della gioielleria è chiaramente colpito dai dazi doganali statunitensi, ma anche dalla debolezza della domanda in Asia e in particolare in Cina", ha spiegato in una conferenza telefonica James Mazeau, economista presso UBS.
Per la stragrande maggioranza degli altri settori di attività, dalla metallurgia al turismo, passando per l'edilizia e il commercio al dettaglio, si delinea una progressione nominale attorno all'1%.
Globalmente, le imprese esportatrici prevedono un aumento medio dello 0,2% in termini reali (ossia tenendo conto del rincaro), mentre quelle orientate al mercato interno stimano progressioni dello 0,5%.
Previsioni economiche difficili
Oltre alle stime sull'evoluzione dei salari, il colosso bancario fa previsioni sull'evoluzione economica insistendo sulle difficoltà dell'esercizio: troppi sono i punti interrogativi relativi ai dazi statunitensi, all'andamento congiunturale nell'eurozona o ai consumi in Svizzera.
La crescita prevista da UBS (rettificata) per il 2026, pari allo 0,9%, è piuttosto da intendere come una "ipotesi di lavoro", secondo i termini usati dall'economista di UBS Alessandro Bee durante la presentazione delle previsioni economiche ai media. Lo specialista ha persino affermato di non poter escludere nemmeno una recessione, qualora la guerra commerciale globale dovesse aggravarsi nuovamente o il presidente degli Stati Uniti Donald Trump dovesse revocare accordi già conclusi.




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