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ISRAELE

«Israele ha facilitato la nascita e l'evoluzione di Hamas»

Il punto di vista di un ex diplomatico svizzero che ha lavorato per anni a Gaza sul conflitto tra la milizia palestinese e lo Stato ebraico.
AFP
L'esercito israeliano bombarda la Striscia di Gaza.
«Israele ha facilitato la nascita e l'evoluzione di Hamas»
Il punto di vista di un ex diplomatico svizzero che ha lavorato per anni a Gaza sul conflitto tra la milizia palestinese e lo Stato ebraico.
TEL AVIV - Distratto, diviso, presuntuoso per la sua forza militare apparentemente incontrastabile, lo Stato di Israele è sprofondato in un incubo sabato mattina quando all’alba i miliziani di Hamas hanno fatto breccia nei valichi di confine provo...

TEL AVIV - Distratto, diviso, presuntuoso per la sua forza militare apparentemente incontrastabile, lo Stato di Israele è sprofondato in un incubo sabato mattina quando all’alba i miliziani di Hamas hanno fatto breccia nei valichi di confine provocando un massacro. Oltre 1’200 israeliani, secondo l’ultimo bilancio rilasciato dalle autorità, sono morti sotto i colpi del gruppo islamista palestinese. Civili, ragazzi, donne e bambini, chi è riuscito a salvarsi dalla strage lo ha fatto non per pietà degli assalitori ma per furbizia e tempestività. Qualcuno si è finto morto nel mare di sangue, altri sono riusciti a scappare in tempo.

Un attacco senza precedenti che richiederà una risposta, una vendetta, altrettanto violenta ed eccezionale. «Israele è in guerra contro degli animali umani, pertanto si comporterà di conseguenza», ha dichiarato il ministro della Difesa Yoav Gallant, lasciando intendere che la parola umanità non rientrerà nel dizionario dell’esercito israeliano. La controffensiva è già iniziata, Gaza è assediata, 300’000 soldati sono stanziati al confine dell’enclave e i missili martellano la città palestinese da giorni. Un ex diplomatico svizzero che ha lavorato molti anni a Tel Aviv e a Gaza (per questioni personali ha deciso di mantenere l’anonimato) ci aiuta a fare un po’ di chiarezza su un conflitto tanto complesso quanto delicato.

La popolazione israeliana è sotto shock, il Mossad è in discussione, quali saranno le conseguenze (anche psicologiche) dell'attacco?
«Non è la prima volta che i servizi segreti israeliani finiscono sul banco degli imputati. Dopo la guerra del Kippur nel 1973 era stata aperta una grande inchiesta parlamentare. Una commissione aveva indagato sugli errori degli 007 israeliani. Per i responsabili era stata un'esperienza traumatizzante. Invece per quanto riguarda la reazione della popolazione, i sentimenti che prevalgono sono di delusione, paura, shock. La Knesset, il parlamento, non resterà in silenzio, esigerà una spiegazione».

È crollato il mito dell’invincibilità militare israeliana?
«No, l’esercito israeliano resta e resterà superiore. Abbiamo visto la reazione dello Stato ebraico. I miliziani di Hamas restati in Israele sono stati uccisi. È stato uno shock per tutti, ma ora l'esercito si è ripreso».

La risposta israeliana sarà tanto violenta quanto l’attacco di Hamas. La questione degli ostaggi però complica le operazioni militari. Quanto i rapimenti condizioneranno la strategia di Israele?
«È il grande punto interrogativo. Gli ostaggi non sono concentrati tutti a Gaza, ma sono stati sparpagliati in cunicoli, nascondigli, tunnel difficili da scovare. Le possibilità sono due: negoziare oppure la morte degli ostaggi. Sarà un nodo difficile da sciogliere».

Durante la guerra del Kippur, l’offensiva israeliana è stata fermata dalla crisi del petrolio dopo che i paesi arabi avevano chiuso i rubinetti all’Occidente. Oggi c’è un attore che può giocare un ruolo simile oppure Israele non si fermerà davanti a niente?
«Premetto che quando parliamo di Gaza ci riferiamo a una superficie come il canton Ginevra con una popolazione di due milioni di persone. Una densità e una concentrazione demografica altissima. Il blocco di acqua, elettricità e cibo, è contrario a tutte le leggi e le convenzioni di guerra. Ci sono solo gli Stati Uniti che potrebbero assumere il ruolo di negoziatori. Gli europei sono completamente paralizzati dal loro passato: gli inglesi e i francesi erano una potenza coloniale, gli olandesi sono stati criticati per il trattamento degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale».

Le relazioni tra alcuni stati arabi, in particolare Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, promosse dagli Accordi di Abramo, sono in pericolo?
«Certo, per questo motivo Hamas è intervenuto in modo così violento. La normalizzazione tra Israele e l’Arabia Saudita ha sempre preoccupato la milizia palestinese. C’è un punto importante che bisogna sottolineare. La creazione di Hamas e la sua evoluzione sono state favorite da Israele per mettere in difficoltà le autorità palestinesi. Per complicare il lavoro dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) e di altri movimenti palestinesi hanno favorito la creazione di Hamas. Si tratta di un effetto boomerang. A partire dagli anni '90, dopo gli accordi di Oslo del 1993 Israele ha abbandonato le autorità palestinesi legittime, mettendo il bastone nelle ruote a chi cercava una soluzione, e hanno aiutato Hamas. Un sostegno durato poco ma a sufficienza per dare lo slancio a questo movimento estremista».

Il futuro politico del premier Benjamin Netanyahu, già duramente contestato prima della guerra, si può considerare compromesso?
«Il primo ministro sarà sicuramente accusato ancora per la sua politica irresponsabile e per aver trascurato la sicurezza della popolazione israeliana. Mi stupirei molto che dovesse sopravvivere politicamente. Il suo lavoro è giudicato in modo molto negativo. La metà delle sue azioni da quando è tornato al potere si sono concentrate per evitare le sue condanne giudiziarie. Dovrà giustificare la sua débâcle. Per questo ha chiamato un governo di unità nazionale. Ma la questione più spinosa rimangono gli ostaggi. Dopo la guerra dei sei giorni, la proporzione degli scambi era un israeliano in cambio di oltre 100 palestinesi liberati. Oggi la situazione ora è molto più complicata, le proporzioni sono molto più ampie».

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