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SVIZZERA

«La paura del futuro mi divora»

Secondo una nuova indagine, molti ricercatori presentano sintomi depressivi.
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Fonte SRF
«La paura del futuro mi divora»
Secondo una nuova indagine, molti ricercatori presentano sintomi depressivi.

BERNA - Valutare la salute mentale dei ricercatori universitari e identificare i principali fattori di stress.

Risultati preoccupanti - È questo lo scopo dell'indagine prodotta da Actionuni e riportata dalla SRF. Finora esistevano rilevazioni isolate nelle singole università; il nuovo sondaggio offre invece una panoramica unica su tredici atenei svizzeri. I risultati sono preoccupanti: circa un quarto degli intervistati dichiara un forte livello di pressione sul lavoro; il 22% riferisce un aumento dei sintomi depressivi; il 24% si sente esausto almeno una volta alla settimana.

Ecco i fattori a rischio - I dati non permettono un confronto diretto con la popolazione generale, ma emergono con chiarezza diversi fattori di rischio tipici dell’ambiente accademico. A spiegarlo è Stefanie Feuz, psicologa e responsabile del servizio di consulenza delle università bernesi: contratti a tempo determinato, carichi di lavoro elevati, forti pressioni in termini di prestazioni, ruoli poco definiti e rapporti di potere sbilanciati contribuiscono alla nascita di disagi psicologici.

I servizi di sostegno psicologico - Per far fronte a queste difficoltà, molte università hanno attivato servizi di sostegno psicologico dedicati ai ricercatori. Tuttavia, più della metà dei partecipanti al sondaggio afferma di non conoscere queste offerte e una quota ancora maggiore dubita della loro reale utilità. Eppure, tali servizi registrano un’alta domanda: a Zurigo, ad esempio, anche i ricercatori possono rivolgersi alla linea telefonica di supporto gestita dagli studenti.

«Ci vuole comunque cautela» - Lynn Bürge, vicepresidente di Actionuni, invita a interpretare questi dati con cautela. Il crescente ricorso ai servizi di aiuto non significa necessariamente un aumento dei problemi psicologici. Potrebbe invece riflettere una maggiore accettazione sociale nel parlare del proprio benessere mentale e nel chiedere sostegno quando necessario. La destigmatizzazione in atto è un segnale positivo, ma non cancella le criticità emerse: l’ambiente accademico continua a riunire molti fattori che possono favorire l’insorgenza di disturbi psicologici e che richiedono interventi strutturali per essere affrontati in modo duraturo.

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