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IL PROCESSO A BELLINZONAParla la famiglia della vittima, ma l'imputato vuole uscire: «Non sto bene»

13.12.22 - 11:44
Secondo l'esperto psichiatra l'attentatore di Morges «soffre di schizofrenia semplice»
20 Min / News-Scout
Parla la famiglia della vittima, ma l'imputato vuole uscire: «Non sto bene»
Secondo l'esperto psichiatra l'attentatore di Morges «soffre di schizofrenia semplice»

BELLINZONA - «Poco dopo che ci siamo seduti ai tavolini di un negozio di kebab, un uomo è arrivato correndo verso di noi. L'ho visto tirare fuori un coltello e pugnalare il mio amico».

È con queste parole, pronunciate da un amico della vittima, che è iniziato al Tribunale penale federale di Bellinzona il secondo giorno di processo (qui la cronaca del primo giorno) all'assalitore di Morges, che nel 2020 perpetrò un attentato a sfondo jihadista uccidendo una persona urlando "Allahu Akbar".

Come detto, durante il secondo giorno del processo sono previsti gli interrogatori dei querelanti e dei parenti dell'imputato, che non è presente in aula. L'imputato, un cittadino svizzero-turco di 29 anni, è accusato di assassinio, tentativi di incendio e di esplosione, lesioni personali semplici, violenze e minacce contro autorità e funzionari, violazione della legge che vieta in Svizzera i gruppi "Al-Qaida" e "Stato islamico", nonché le organizzazioni associate. 

«Ho gli incubi»
Il primo a parlare e raccontare la sua versione è stato l'amico con cui era la vittima in quegli istanti. «Ero amico della vittima da oltre dieci anni. Non conosco l'imputato», ha dichiarato l'uomo in tribunale prima di iniziare il suo racconto. All'inizio, il suo amico non si è nemmeno reso conto di quello che era successo: «Poi ha portato la mano dove era stato colpito e si è accorto che stava sanguinando. Poco dopo ha perso conoscenza». Inizialmente, l'amico si è messo a rincorrere l'aggressore: «Quando è entrato in una casa ho smesso di seguirlo e sono tornato al negozio di kebab».

Dopo l'attacco, è rimasto a casa per circa due settimane per riprendersi, ma la sua vita è cambiata: «Ho gli incubi. Il mio stato di salute si è deteriorato e per questo ho problemi a trovare lavoro».

«Non sto bene, mi rifiuto di partecipare»
In seguito, nonostante fosse riluttante, è stato fatto tornare in aula l'imputato (che non era presente viste le difficoltà di salute del primo testimone) ed è stata ascoltata la famiglia della vittima, iniziando dal fratello, che si è mostrato affranto: «Siamo sempre stati molto vicini. Nel momento in cui aveva più bisogno di me, io non c'ero».

«L'ultima cosa che ho sentito da lui è che mi ha detto: "Non preoccuparti, verrò in Portogallo a novembre"», ha detto invece la madre in lacrime. La famiglia della vittima vive in Portogallo. Il 29enne si trovava in Svizzera perché aveva trovato un lavoro qui.

L'accusato ha però qui preso la parola, dicendo di non voler rimanere in aula e di non stare bene. Il giudice si è però rifiutato di farlo andare via: «Ci sono due possibilità: o è veramente malato e va in ospedale per farsi visitare da un medico o continua ad assistere al processo. Non c'è altra scelta».

Dopo cinque minuti di discussione con il suo avvocato, l'imputato ha deciso che sarebbe rimasto in aula, ma senza partecipare al processo (tappandosi le orecchie).

«Mio figlio aveva un cuore grande»
Ha quindi preso parola il padre della vittima, con voce tremante: «Voglio ringraziare la polizia, i paramedici e le autorità per il loro grande impegno». Mentre parlava, stringeva forte la mano della moglie: «Mio figlio aveva un cuore grande. Ovunque andasse, diffondeva gioia. Amava la sua vita».

Ha detto che suo figlio è venuto in Svizzera per ottenere ciò che non avrebbe potuto ottenere in Portogallo. «I salari sono molto bassi in Portogallo. È venuto in Svizzera per migliorare la sua vita e la nostra. Spero che dal processo l'assassino non abbia mai più la possibilità di fare una cosa del genere e che nessun'altra famiglia debba mai passare quello che abbiamo dovuto passare noi».

Schizofrenia semplice
In seguito ha preso la parola il psichiatra, che ha spiegato ai presenti che l'imputato soffre di «schizofrenia semplice» ed è quindi «solo parzialmente responsabile dei suoi atti». L'esperto ha poi aggiunto che l'uomo avrebbe già presentato dei disturbi caratteristici quando consultò un servizio psichiatrico nel 2008, all'età di 15 anni.

«La persona interessata si lascia trasportare dalla sua malattia, prova momenti di grande angoscia. Per compensare queste ansie si è aggrappato all'ideologia radicale dello Stato Islamico», ha aggiunto il medico, secondo cui l'imputato dovrebbe beneficiare di una misura terapeutica in un centro adeguato.

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COMMENTI
 

volabas56 1 anno fa su tio
Calci in c..u.lo, ma appeso ad una corda. Pezzo di m...

Chris_El_Suizo 1 anno fa su tio
Ma poverino non sta bene e ha gli incubi....no comment! Starebbe di sicuro meglio appeso ad una corda come fanno negli stati islamici!

RobediK71 1 anno fa su tio
Ma puo una persona “normale” arrivare al punto solo di urlare li bakar (mi vien da ridere solo a pensarlo) ed uccidere ? A caso poi ?

italo luigi 1 anno fa su tio
la soluzione per l'amico : non pensarci più ( nessun vittimismo) e vivere la vita è l'unica soluzione. Auguri per il futuro.

Gigetto 1970 1 anno fa su tio
Visto che gli piace tanto a questa gente fare del male mettere la pena di morte! A loro e magari già che ci siamo anche agli assassini. Tanto siamo in sovrapopolamento. E cominciamo a scenate.
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