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SVIZZERA

Certificato Covid al ristorante: «Un obbligo di vaccinazione indiretto»

Casimir Platzer, Presidente di Gastrosuisse, è fermamente contrario alla sua introduzione nel settore.
Keystone
Certificato Covid al ristorante: «Un obbligo di vaccinazione indiretto»
Casimir Platzer, Presidente di Gastrosuisse, è fermamente contrario alla sua introduzione nel settore.
«Il Covid pass», aggiunge, «dà inoltre un falso senso di sicurezza».
BERNA - Vaccinati, testati o guariti. Solo così, nella vicina Italia, si può consumare negli spazi interni dei ristoranti, oltre che accedere a cinema, musei, piscine e palestre. Una misura in vigore solo da tre giorni, ma che fa discut...

BERNA - Vaccinati, testati o guariti. Solo così, nella vicina Italia, si può consumare negli spazi interni dei ristoranti, oltre che accedere a cinema, musei, piscine e palestre. Una misura in vigore solo da tre giorni, ma che fa discutere anche nel nostro Paese. E mentre il presidente di Economiesuisse si dice favorevole alla sua introduzione, ritenendo sbagliato prioritizzare le libertà individuali in questo contesto, Gastrosuisse si oppone fermamente. 

Tutti al bar - «Introdurre come requisito di accesso ai ristoranti il certificato Covid porta di fatto un obbligo di vaccinazione indiretto, e questo è, dal mio punto di vista, estremamente problematico», ha dichiarato a Watson.ch Casimir Platzer, presidente di Gastrosuisse. Con 2,5 milioni di clienti al giorno, fare tappa al bar o al ristorante fa parte della quotidianità di moltissimi in Svizzera, sottolinea. E le capacità di test non sarebbero in linea con questi numeri.

False certezze - Secondo Platzer il certificato Covid darebbe poi «un falso senso di sicurezza» alle persone, nonostante si possano comunque infettare e contagiare. «Dobbiamo imparare a convivere con il virus, in modo tale che tutta la popolazione possa avere una quotidianità il più normale possibile», conclude Platzer. 

Democrazia addio - Anche Massimo Suter, presidente di GastroTicino, si era già espresso definendo la possibile introduzione di questa restrizione come discriminatoria: «Non saremmo più in un Paese democratico, ma totalitario. In cui lo Stato ti obbliga a fare qualcosa che non è previsto nemmeno dalla Costituzione». 

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