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RIVA SAN VITALENel rap come nella vita: «Ecco cosa vediamo attraverso l’oblò»

30.01.20 - 10:00
I rapper ticinesi Caveman, Dok & Saymo hanno pubblicato di recente “Il Mondo Da Un Oblò”. Ci siamo fatti raccontare come è nato e cosa pensano della stato dell’Hip Hop di oggi
Saymo, Caveman & Dok
Nel rap come nella vita: «Ecco cosa vediamo attraverso l’oblò»
I rapper ticinesi Caveman, Dok & Saymo hanno pubblicato di recente “Il Mondo Da Un Oblò”. Ci siamo fatti raccontare come è nato e cosa pensano della stato dell’Hip Hop di oggi

RIVA SAN VITALE - Nonostante le sonorità sempre più variopinte e ispirate dalle nuove tendenze che da oltre l’Atlantico si propagano fino alle nostre frequenze radio, il rap più “duro e crudo” - quello che nella forma rimane saldamente legato alla tradizione - non accenna ad arrendersi. Anzi, nella scena maestra degli Stati Uniti gruppi come il collettivo Griselda stanno rilanciando con successo quelle sonorità a lungo dimenticate dalle classifiche. Sonorità che sopravvivono anche in Ticino, grazie ad album come “Il Mondo Da Un Oblò” del trio composto dai rapper Caveman, Dok & Saymo.

Affermate di guardare il rap (e il mondo) da un oblò. Ci spiegate cosa intendete esattamente?
L'oblò è letteralmente un portello trasparente ermeticamente sigillato. In un primo tempo, questa finestra funge da barriera protettiva e permette di osservare ciò che ci accade attorno in totale sicurezza, al riparo da pericoli esterni. Tuttavia, ci si accorge ben presto che in questo modo l'osservatore è completamente isolato dal mondo circostante e non può dunque che parteciparvi: vede tutto ciò che accade ma, nel bene o nel male, non può apportarvi nessun cambiamento. Abbiamo scelto di intitolare il nostro disco “Il Mondo Da Un Oblò”, che peraltro è anche una citazione tratta da un verso scritto da Gianni Togni, proprio per questi due motivi. Da un lato, l'oblò ci ha protetti dalle nuove tematiche che sono emerse man mano nel panorama rap e ne hanno influenzato i testi. Dall'altro invece, l'oblò è anche una rappresentazione della società odierna, in cui sempre più giovani fanno fatica a trovare il loro spazio e spesso non vengono ascoltati.

E cosa vedete in questo momento attraverso l’oblò?
Vediamo una società che spesso è improntata solo sull'immagine; ciò si riflette anche nella grande maggioranza della musica odierna, la quale, a nostro modo di vedere, sta diventando, sempre più superficiale. La musicalità sta prendendo il sopravvento sui contenuti di un testo anche nei pezzi rap. Sotto un certo punto di vista si tratta di un fenomeno abbastanza innaturale, infatti l'uso della parola è sempre stato un elemento dominante in questo genere.

E perché secondo voi ha perso così tanto peso?
Vuoi per il bisogno di leggerezza della gente e altri fattori analoghi, oggigiorno il panorama musicale riflette - senza volerci eleggere a "psicologi" della situazione - lo stile di vita di chi non vuole avere "troppi pensieri per la testa" e trovare nella musica un momento di svago e distacco dai propri problemi. Sono elementi che condividiamo anche noi. Tuttavia, questa scelta va a ripercuotersi negativamente sui messaggi e sui contenuti dei testi, che diventano labili o inesistenti. Noi cerchiamo di proporre, con la nostra musica, momenti di distacco ma anche un'alternativa "cosciente" e impegnata.

Voi riprendete molto i “colori” della tradizione, italiana ma non solo. Come mai questa scelta?
Più che una scelta è stato un bisogno. Oggi, con l'avvento dei social media, vi è una ricerca spropositata del successo, della fama e dell'apparire. Essendo che, attraverso le nuove tecnologie, il rap è divenuto uno dei generi musicali più accessibili e chiunque, spendendo poche centinaia di franchi, può munirsi del necessario per registrare le proprie canzoni, è normale che i "colori" della tradizione si siano man mano sbiaditi. Noi siamo cresciuti in un background completamente opposto: ci siamo avvicinati alla cultura Hip Hop, ancor prima di iniziare a fare musica, attraverso i graffiti, ascoltando i primi dischi underground della vicina penisola. Nonostante i tempi siano cambiati, i nostri dischi riflettono ancora quest’esperienza passata: abbiamo cercato di riproporre un sound a cui siamo parecchio legati e affezionati.

Con le sonorità moderne che guadagnano terreno anche in Ticino. Come ci si sente a essere un po’ delle “mosche bianche” nella scena?
La musica evolve e, come è giusto che sia, le sonorità moderne stanno piano piano guadagnando terreno anche qua. Fare rap è, e rimane, per noi un hobby: non abbiamo nessun vincolo e non dobbiamo dimostrare nulla a nessuno, per questo ci piace farlo alla "vecchia maniera". Non ci definirei tuttavia delle "mosche bianche", anzi, scavando a fondo nel panorama rap italofono, sono numerosi gli artisti validi che propongono tematiche interessanti. Purtroppo, essendo un genere più di nicchia, è normale ricevere minor visibilità. Detto questo, ci tenevamo a ribadire che: pur essendo la nostra musica distante anni luce, non disdegniamo le sonorità moderne, il problema di fondo sta nell'attitudine, spesso poco veritiera o corrispondente alla realtà.

Anche negli Stati Uniti ci sono figure che stanno riportando un suono più “classico” alle orecchie del mainstream. Vi sembra uno scenario replicabile anche nel nostro contesto?
L'Italia, di conseguenza anche il Ticino, è sempre stata indietro di qualche anno rispetto alle novità del panorama della musica e della cultura Hip Hop. Crediamo che ci sarà una "rinascita" del classico, o sicuramente di un genere più impegnato e meno superficiale rispetto a quelli in voga adesso. Tuttavia, se in America questo sta già prendendo piede, dovremmo aspettare ancora un po' prima che questo fenomeno riesca a raggiungere anche le nostre latitudini. Inoltre, come già accennato  prima, la scena underground dell'Hip Hop italiano gode di poca notorietà (salvo alcune eccezioni). In compenso, è una piccola ma solida realtà che riesce a proporre prodotti di qualità senza essere accecata da smanie di successo.

Il vostro stile, lo dite chiaramente, non vuole essere una critica alla scena attuale. Ma pensate di mettervi per un attimo nei panni del giudice. Su cosa puntereste il dito?
Come detto il problema di fondo sta nell'evoluzione dei valori della nostra società: più che puntare il dito verso certi artisti, che giustamente cavalcano l'onda del momento, bisognerebbe analizzare il comportamento dell'ascoltatore medio. Potremmo definirla una reazione a catena: chi riceve, positivamente o negativamente, tanto seguito, pur proponendo tematiche poco impegnate, continuerà a farlo. Vedendo la facilità con cui si raggiungono certi risultati, ulteriori persone saranno portate ad imitare questo atteggiamento, e così via. Con questo non vogliamo dire che il nostro disco sia superiore ad altri, anzi, i gusti sono gusti ed è normale che a qualcuno non piacerà. Come già detto, “Il Mondo Da Un Oblò” nasce sulla scia della tradizione rap italiana degli anni 2000, forse a qualcuno suonerà vecchio, ma è giusto così...

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