Il CEO di UBS Sergio Ermotti ha svelato alcuni retroscena dell’operazione bancaria.
ZURIGO - UBS aveva già messo gli occhi su Credit Suisse (CS) per una possibile acquisizione nel 2016. A dirlo è il CEO del leader bancario elvetico Sergio Ermotti, che è anche tornato sull'integrazione del ramo svizzero dell'ex concorrente, definendola l'opzione migliore.
La direzione di UBS seguiva dunque la situazione dell'istituto rivale da anni. «Eravamo preoccupati perché sapevamo che CS applicava un modello di business sbagliato», ha affermato il manager oggi ai domenicali "Le Matin Dimanche" e "SonntagsZeitung". Il ticinese ha inoltre aggiunto che si voleva impedire l'acquisizione da parte di una banca straniera.
Ermotti ha poi commentato l'integrazione del ramo svizzero di Credit Suisse, precisando che un'esternalizzazione, malgrado avrebbe permesso di sopprimere meno posti di lavoro, non era una possibilità sul tavolo. La strategia in merito è stata annunciata giovedì scorso e comporterà il taglio di 3000 impieghi.
In caso di esternalizzazione, 1000 sarebbero stati salvati. Ma Credit Suisse avrebbe comunque dovuto essere ristrutturata, il che avrebbe condotto a 600 licenziamenti. La differenza è quindi di 400 posti di lavoro, ha tirato le somme Ermotti, secondo cui ora come ora non è possibile esprimersi sul futuro dei 120'000 dipendenti entro il 2025. «Dipende da diversi sviluppi e cifre assolute portano solo a fraintendimenti», ha motivato.
Parlando dei timori sollevati da più parti riguardo al peso di UBS dopo l'acquisizione di CS, Ermotti ha assicurato che il semplice fatto di essere grandi non significa che la banca sia più pericolosa per la Svizzera. «Al contrario, penso che la piazza finanziaria sia diventata più sicura», si è detto convinto, ricordando che «solo se faremo tutto giusto» ci saranno utili supplementari grazie alla fusione.