Il mondo fa i conti con le promesse elettorali del Presidente che diventano realtà, a partire dalle tariffe doganali.
NEW YORK - Paura, sorpresa e volatilità alle stelle colpiscono il mondo e i mercati dell'"America first". Accade oggi, immediatamente dopo la sfida, che sa di "guerra commerciale 2.0", lanciata dal presidente americano, con dazi sui prodotti di Canada (25%) e Cina (tariffa aggiuntiva del 10%). E a questi si aggiungono anche quelli minacciati all'UE dal tycoon e in arrivo, a suo dire, «molto presto».
Il risultato è un'incertezza globale - come testimonia la decisione maturata in queste ore di sospendere per un mese le tariffe doganali al Messico in cambio di 10.000 soldati al confine -, condivisa da economisti e investitori. Questo perché Trump ha tradotto in fatti le promesse elettorali, che già adesso pesano sull'import per un valore di centinaia di miliardi di dollari e che hanno reso difficile il lunedì delle borse.
A cominciare da quelle asiatiche - prime a chiudere in rosso - fino alla partenza pesante di quelle europee, passando da Wall Street, dove i future ad alta intensità tecnologica oggi sono crollati di quasi il 2%. Mentre a New York a lievitare sono i costi del petrolio e a volare è il Vix, l'indice di volatilità che di fatto dà la misura del timore degli investitori, in fuga dal rischio.
Giù il bitcoin, su il dollaro
Lo testimoniano le criptovalute, che solo questa mattina bruciavano quasi 600 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato, con il bitcoin in discesa a 94-95 mila dollari (era oltre i 105 mila il 31 gennaio). E mentre il dollaro sembra essere fin qui unico vincitore del protezionismo trumpiano, con il biglietto verde di nuovo rifugio e ai massimi sull'euro dal 2022, negli USA gli economisti si dividono tra scettici che temono inflazione e riduzione della produzione, e fiduciosi che guardano a un Paese nuovamente autosufficiente dal punto di vista industriale.
I timori di Bruxelles e Berna
Punti interrogativi su quel che sarà - anche in riferimento alle nuove minacce commerciali del presidente USA verso Bruxelles -, che già hanno attraversato l'oceano per arrivare in Europa, dove un portavoce della Commissione europea ha dichiarato che «l'Ue risponderà con fermezza» nel caso giungessero nuove «tariffe doganali sui prodotti europei».
Preoccupazioni che toccano anche le imprese svizzere che hanno filiali nei paesi daziati e che si troveranno a dover scontare problemi di competitività anche in generale verso una Cina ancor più aggressiva. Ne è convinto Stefan Brupbacher, direttore di Swissmem, l'associazione padronale dell'industria meccanica, elettrotecnica e metallurgica, che al Blick ha auspicato una Svizzera più vicina all'UE. Aggiungendo poi che Berna, «sesto investitore straniero negli Usa che ha anche abolito tutti i dazi industriali», possa «evitare malintesi con Washington».
Il tutto mentre il mondo si è già svegliato con un dazio da pagare, quello dell'incertezza.