Povertà in Italia: una persona su tre compra cibo in scadenza

In un anno l'indice di povertà assoluta è passato dal 7,7% all'8,5%
ROMA - È un'Italia che si scopre più povera quella che si appresta a vivere la 45esima Giornata Mondiale dell'Alimentazione, promossa dalla Fao, in programma il 16 ottobre.
L'indice di povertà assoluta nell'ultimo anno è passato dal 7,7% all'8,5% della popolazione, toccando 5,7 milioni di cittadini; e se 1 italiano su 3 è costretto a indirizzarsi verso prodotti a ridosso di scadenza o esteticamente poco attraenti, 1 su 2 ad acquistare online, 1 su 4 a cercare di auto-produrre il cibo, 1 su 3 a scegliere solo discount. Sono i dati della nuova inchiesta dell'economista Andrea Segrè, fra i protagonisti degli eventi ufficiali promossi dalla Fao per la giornata, firmata insieme all'accademica Ilaria Pertot.
Il libro "La spesa nel carrello degli altri. L'Italia e l'impoverimento alimentare" prende spunto dal tema della giornata "Diritto al cibo come diritto universale per ogni cittadino del pianeta". Gli autori Carlo Ginzburg e Giovanni Levi raccontano tredici storie di sopravvivenza alimentare ed esistenziale, per conoscere i vecchi e nuovi poveri, in uno slalom fra pensionati e disoccupati che da sempre devono contenere i costi della spesa, fra famiglie e monogenitori cui sempre più spesso il reddito non basta, fra figli, madri e padri troppo spesso preda di luoghi comuni e fake intorno alle strategie nutrizionali. Tra i dati emerge che l'indice di insicurezza alimentare sale del 26% nel Sud rispetto a Nord e Centro e si impenna al 280% nel cosiddetto ceto popolare rispetto alla media nazionale.
«In questa società» - spiegano gli autori dell'inchiesta - «potrebbe capitare a tutti, da un momento all'altro, di saltare il fosso dell'impoverimento, amministrando gli esigui 97 centesimi al giorno messi a disposizione dalla inadeguata social card, istituita con legge di bilancio 2024 e ad aggravare la situazione non c'è solo la disoccupazione, ma sempre più spesso il "lavoro povero", precario, a nero e a basso salario, che non garantiscono sicurezza finanziaria, mentre le povertà di genere vedono le donne percepire pensioni inferiori del 27% rispetto agli uomini».




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