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MONDOIl canale numero uno delle fake news? Non è Facebook

12.01.22 - 12:04
Lo sostiene un pannello di fact checker internazionali che chiedono più rigore per moderare la disinformazione
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Il canale numero uno delle fake news? Non è Facebook
Lo sostiene un pannello di fact checker internazionali che chiedono più rigore per moderare la disinformazione
La "pecora nera" è risultata essere YouTube. La piattaforma però minimizza: «Già lo facciamo, e comunque riguarda meno dell'1% delle visualizzazioni totali»

WASHINGTON D.C. - Non sui portali, non sui social network la vera patria delle fake news è YouTube. Una conclusione niente affatto scontata quella a cui è giunto un pannello di fact checker che comprende 80 autorità internazionali, comprese il Washington Post, e che ha firmato una lettera aperta alla piattaforma video che «non fa nulla per limitare la disinformazione da parte di individui senza scrupoli».

L'alternativa digitale alla televisione di Google, quindi, sarebbe un problema ben peggiore di Facebook - additato da tutti, comprese le autorità di diversi Paesi - e che il pannello definisce «un sostanziale diffusore di falsità, facilmente strumentalizzabile per manipolare e danneggiare».

Nella pletora senza fine di canali, fra sedicenti esperti e outlet di contronotizie, è possibile trovare davvero di tutto: dalla disinformazione riguardo al coronavirus e ai vaccini, passando per teorie complottistiche di varia estrazione fino alle campagne d'odio vere e proprie. Video che vengono guardati centinaia di migliaia, se non milioni, di volte. Questo anche grazie alla capacità dei meccanismi di YouTube di creare una “bolla” di contenuti che si rimandano l'un l'altro, all'infinito.

E proprio su queste caratteristiche il pannello vorrebbe che Google, finalmente, intervenisse in maniera perentoria ma non solo: poiché quello delle fake news è un fenomeno complesso, è necessaria «l'istituzione di un gruppo di ricerca indipendente che valuti il fenomeno» così come un maggiore disciplina sugli utenti e gli account che violano le regole, che non solo spesso vengono puniti troppo poco o per nulla, ma i cui contenuti vengono comunque visualizzati e promossi dagli algoritmi della piattaforma.

L'obiettivo è arginare la disinformazione, ovvero la diffusione di fake news in maniera deliberata, e la disinformazione, ovvero quella inconsapevole, ma comunque altrettanto dannosa.

Area particolarmente critica, confermano gli esperti, riguarda il Sud del mondo ovvero America Latina, Africa e la parte più povera dell'Asia. Una zona d'ombra, questa, che era stata recentemente evidenziata più volte anche dalla whistleblower di Facebook, Frances Haugen

Dal canto suo YouTube si difende, attraverso la sua portavoce Elena Hernandez confermando come dall'ottobre del 2020 la diffusione di notizie false riguardanti il Covid e le vaccinazioni, viene bloccata in maniera attiva. Il team di moderatori, inoltre, sarebbe «costantemente al lavoro per rimuovere la disinformazione borderline», usando un termine vago e aperto all'interpretazione, «così come i video lesivi».

In ogni caso, puntualizza Hernandez «questo tipo di contenuti riguardano una fetta molto inferiore all'1% delle visualizzazioni totali, per quanto riguarda i video che poi rimuoviamo questa si percentuale si assottiglia attorno allo 0.21%». Numeri che sembrano davvero piccoli se non si considera il fatto che le views generate quotidianamente sono nell'ordine dei miliardi.

 

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