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Charlie, rinviato lo spegnimento delle macchine

I genitori del piccolo britannico affetto da una malattia genetica incurabile sono con lui in ospedale per le ultime ore della sua breve vita
Charlie, rinviato lo spegnimento delle macchine
Keystone
Charlie, rinviato lo spegnimento delle macchine
I genitori del piccolo britannico affetto da una malattia genetica incurabile sono con lui in ospedale per le ultime ore della sua breve vita
LONDRA - Non sono state staccate le macchine. Il piccolo Charlie vivrà ancora per qualche ora, qualche giorno. I medici del bambino britannico di 10 mesi affetto da una grave malattia genetica ancora incurabile per cui i genitori sono arrivati...

LONDRA - Non sono state staccate le macchine. Il piccolo Charlie vivrà ancora per qualche ora, qualche giorno. I medici del bambino britannico di 10 mesi affetto da una grave malattia genetica ancora incurabile per cui i genitori sono arrivati fino alla Corte Europea per i diritti dell’uomo hanno rinviato il momento dell’addio. La data stabilita era venerdì, ieri. Come riporta il Bbc online, l'ospedale londinese ha spiegato che questo ulteriore tempo serve anche per mettere in atto i protocolli per la miglior assistenza al piccolo.

Ma queste ore in più sono preziosissime anche per i coniugi Gard, che fino all’ultimo hanno lottato per avere il diritto di portare il proprio bambino in America per sottoporlo a cure sperimentali, nonostante il parere contrario di medici e giudici. «Ci hanno dato un po' di tempo in più da trascorrere con Charlie. Siamo davvero grati per il sostegno che abbiamo ricevuto da tutti. Stiamo raccogliendo preziosi ricordi che potremo tenere con noi per sempre», hanno spiegato al Daily Mail.

Questi ultimi momenti di vita del loro piccolo li avrebbero voluti trascorrere nella loro casa, dove Charlie non ha mai vissuto, ma non hanno potuto per volere dei medici. Il loro appello video (in allegato) è comunque servito ad avere qualche ora in più. Così Connie Yates e Chris sono stati come sempre ancora vicino al piccolo in ospedale per farlo morire «sapendo che lo abbiamo amato».

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