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Da Elisabetta a Carlo: perché italianizziamo i nomi?

La storia è ricca di nomi "adattati" all'italiano. Ma il fenomeno è in calo, già a partire dagli anni '50
Reuters
Da Elisabetta a Carlo: perché italianizziamo i nomi?
La storia è ricca di nomi "adattati" all'italiano. Ma il fenomeno è in calo, già a partire dagli anni '50
LUGANO - Domani Carlo sarà formalmente proclamato re. Il figlio della regina Elisabetta verrà chiamato ufficialmente re Carlo III. I fatti di questi giorni hanno fatto riaffiorare una questione linguistica piuttosto singolare: perch&eac...

LUGANO - Domani Carlo sarà formalmente proclamato re. Il figlio della regina Elisabetta verrà chiamato ufficialmente re Carlo III. I fatti di questi giorni hanno fatto riaffiorare una questione linguistica piuttosto singolare: perché italianizziamo alcuni nomi propri? Perché chiamiamo il figlio della regina Carlo e non Charles, e la sovrana appena deceduta Elisabetta e non Elizabeth? 

Per rispondere a questa domanda bisogna tornare indietro nel passato, quando il contatto con le lingue straniere non era così importante come oggi. Pensate se la vostra nonna o bisnonna avesse dovuto pronunciare qualche nome proprio inglese: il risultato in qualche caso sarebbe stato divertente, e molto poco pratico. La pronuncia corretta sarebbe stata utilizzata da pochi, con il rischio che il nome di importanti personaggi storici venisse storpiato dal popolo. 

Sfogliando i libri di scuola si incontrano molti nomi di personaggi storici italianizzati: dal re sole Luigi XIV (Louis XIV) a Copernico (Mikolaj Kopernik), da Giovanna d'Arco (Jeanne d'Arc) a Martin Lutero (Martin Luther). E non fanno eccezione nemmeno i nomi legati alla letteratura, come Giulio Verne (Jules Verne). 

Ad essere italianizzati sono stati anche i nomi di numerosi personaggi statunitensi, come Abramo Lincoln (Abraham Lincoln). Sul lungolago di Lugano, ad esempio, c'è un busto dedicato a Giorgio Washington, come dimostra la scritta risalente al 1859.

Una sorte simile l'hanno subita anche i nomi delle città "storiche", da Londra a Parigi, da Berlino a Stoccolma (Nuova York invece non si è imposto). 

Sono nomi che ormai sono incastonati nella storia, e sarà difficile tornare indietro a quelli originali. Un processo linguistico, quello dell'italianizzazione dei nomi propri, che a partire dagli anni '50 ha però perso forza, grazie soprattutto all'aumento del contatto con le lingue straniere.  

Un discorso a parte, come anticipato, meritano i nomi dei reali, in quanto esistono tradizioni da rispettare. Anche oggi continuiamo a chiamare i reali "più agé" con i loro nomi italianizzati: l'attuale regina di Danimarca si chiama Margrethe e non Margherita, ad esempio. Ma qualcosa si sta muovendo anche nel rigido mondo della monarchia, per i motivi elencati sopra: oggi i figli di Carlo vengono chiamati con i loro veri nomi, William e Harry, e non Guglielmo ed Enrico. Così anche i loro figli: George, Charlotte, Louis, Archie e Lilibet. Dunque, con ogni probabilità, dopo re Carlo III avremo re William (e non re Gugliemo). 

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