Trump avverte Hamas: «Disarmi a breve, o pagherà»

Il premier Netanyahu ha annunciato che consegnerà il Premio Israele al tycoon
WASHINGTON - «Poche differenze», tra cui la visione sulla Cisgiordania occupata, ma nel complesso Donald Trump e Benjamin Netanyahu sono allineati. Nel quinto incontro tra i due leader da quando il tycoon è tornato alla Casa Bianca, questa volta nel resort a Mar-a-Lago diventato in queste 48 ore il centro della diplomazia mondiale, The Donald e Bibi hanno discusso i dossier più caldi per il Medio Oriente dalla seconda fase del piano di pace per Gaza all'Iran.
Il commander-in-chief ha avvertito Hamas che «se non disarmerà in breve tempo pagherà un prezzo alto». Il presidente americano è impaziente di avviare la fase due a Gaza dopo il fragile cessate il fuoco che che aveva personalmente finalizzato in ottobre. Una tregua messa a dura prova dalle continue operazioni israeliane nell'enclave che, secondo il ministero della Sanità palestinese, hanno ucciso oltre 400 persone in pochi mesi. La ricostruzione nella Striscia, ha sottolineato Trump, inizierà «molto presto, il prima possibile, ma deve esserci il disarmo di Hamas». Proprio nelle stesse ore dell'incontro in Florida il portavoce dell'ala militare del gruppo islamista, Abu Obeida, ha ribadito che «non rinuncerà» alle armi «finché l'occupazione continuerà anche se dovrà combattere a mani nude».
Bibi continua a mostrarsi riluttante a ritirarsi ulteriormente da Gaza. Il premier israeliano pretende che Hamas restituisca i resti dell'ultimo ostaggio, Ran Gvili, prima di procedere alle fasi successive. Israele, peraltro non ha ancora aperto il valico di Rafah tra Gaza e l'Egitto, anch'essa condizione contenuta nel piano americano, affermando che lo farà solo dopo la restituzione del corpo del sergente maggiore, la cui famiglia ha accompagnato il premier a Mar-a-Lago. Trump si è detto convinto che Israele abbia «rispettato» il piano per Gaza. «Non sono preoccupato da nulla di ciò che sta facendo Israele», ha sottolineato, «sono preoccupato da ciò che stanno facendo o non stanno facendo gli altri». Il presidente americano ha poi elogiato il premier definendolo «un eroe di guerra» e dicendosi sicuro che riceverà la grazia presidenziale nel processo per corruzione. Un'affermazione, in parte, smentita dal presidente israeliano Isaac Herzog che ha detto di non avere avuto nessuna conversazione con Trump sul perdono a Bibi.
Il premier israeliano ha ricambiato gli elogi di The Donald annunciando che il prossimo anno, nel giorno dell'indipendenza del suo Paese, gli consegnerà il 'Premio Israele' «per il suo straordinario contributo a Israele e al popolo ebraico». L'unico disaccordo, almeno pubblico, tra i due leader è sulle azioni dei coloni israeliani in Cisgiordania. «Io e Netanyahu non siamo d'accordo al 100% ma arriveremo a una soluzione», ha detto. «Farà la cosa giusta», ha aggiunto, indicando il premier israeliano con un gesto.
Ma il futuro della Striscia è solo uno dei «cinque argomenti» sul tavolo del colloquio, secondo quanto precisato dallo stesso commander-in-chief. Non è un mistero che il premier israeliano voglia una politica più aggressiva da parte di Trump sull'Iran o, quantomeno, il suo assenso ad avere mano libera nei confronti di Teheran. Il presidente americano ha minacciato di sferrare un altro attacco contro l'Iran se il Paese tenterà di ricostruire il proprio programma di missili balistici o di riprendere il programma nucleare. «Se così fosse, dovremo intervenire per fermarli», ha dichiarato. «Li fermeremo. Li distruggeremo completamente», ha incalzato, invitando Teheran a trovare un accordo con gli Stati Uniti.
Poi c'è la Siria. Bibi non ha gradito l'apertura di Washington nei confronti del presidente siriano Ahmed al-Sharaa. «Spero che Israele vada d'accordo con la Siria, il presidente è uno tosto ma sta facendo un grande lavoro», ha auspicato Trump. Infine, il Libano per il quale The Donald ha spinto sulla diplomazia mentre Israele dubita della capacità di Beirut di contenere Hezbollah senza un'altra campagna militare.



