Allinearsi con il mondo: «Spostiamo il weekend»
In una proposta di legge presentata al governo viene chiesto di spostare il giorno di riposo al sabato al posto che al giovedì
TEHERAN - In una proposta di legge presentata al governo, gli imprenditori della Camera di Commercio di Teheran chiedono di cambiare il weekend della Repubblica islamica: il venerdì non si tocca, rimane sacro, ma invece di essere agganciato al giovedì (come avviene ora), il riposo potrebbe essere prolungato al sabato in modo da avvicinare l'Iran al resto del mondo. A darne notizia è il giornale Arman.
Si tratta di una questione spinosa, perché occorre modificare abitudini decennali, introdotte dalla Rivoluzione del 1979. Un simile disegno di legge era stato avviato nel 2012 in Parlamento, quando però la stragrande maggioranza dei deputati erano ultraconservatori. È sparito nel nulla.
Ora, dopo l'accordo sul nucleare e la fine delle sanzioni, il mondo dell'economia ci riprova. "L'Iran non può permettersi di andare in controtendenza rispetto ai mercati globali", spiega Ali Reza Khaef, responsabile della Camera di Commercio della capitale. "Quando gli altri sono chiusi, la nostra Borsa è aperta; quando gli investitori stranieri lavorano la nostra Borsa si riposa", osserva. Il governo del presidente Hassan Rohani potrebbe decidere di ratificare la proposta e trasformarla in legge o inviarla al Parlamento, dove i rapporti di forza sono più favorevoli ai riformisti.
Il weekend sfasato non è l'unico problema della Repubblica degli ayatollah. In Iran, i giorni festivi o di riposo (compresi i fine settimana) sono 181 sui 355 dell'anno solare persiano: ovvero più del 50%. Ciò è dovuto - spiega la Camera di Commercio - ad un numero sproporzionato, rispetto agli standard internazionali, di feste religiose e politiche. Ben 77 giorni di vacanza nazionale, in cui scuole, uffici pubblici e privati, aziende di ogni tipo chiudono per legge i battenti, contro i 20 degli Stati Uniti o della Germania.
L'Iran sciita crede nei dodici imam e per ognuno di loro celebra la nascita e la morte. Agli imam, si aggiungono le celebrazioni del calendario islamico, gli eventi che hanno segnato la cacciata dello scià e la Rivoluzione, la nascita e la morte di Khomeini, persino la data della nazionalizzazione del petrolio. Per ogni giorno di festa - è stato calcolato dalla Camera di Commercio - l'Iran brucia 400 milioni di franchi.
Ogni anno, se si moltiplica la perdita per i 181 giorni non lavorativi si arriva a oltre 72 miliardi di franchi, una cifra che - dicono gli imprenditori - l'Iran della crisi economica e della disoccupazione non può permettersi. Inoltre, spiega la Camera di Commercio, vi è il problema della produttività. Nella media dei Paesi sviluppati - osserva Khaef - su 44 ore lavorative settimanali, 38 sono effettivamente lavorate. In Iran, su 44, solo 11 sono produttive. "Rischiamo di perdere i nostri contatti con il resto del mondo, di avere problemi con i possibili investitori stranieri", avverte Khaef.
La modifica del weekend è un primo passo e non sarà facile in una Repubblica dove la Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, caldeggia ogni giorno l'economia di resistenza, ovvero l'autarchico isolamento del Paese.




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