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OMICIDIO DI MONTORFANO: Un ultimatum ha “armato” la mano di papà Alfonso
L’uomo aveva dato tempo al figlio due ore per fare le valige. Al suo rientro lo ha trovato sdraiato sul divano del salotto dopo aver fatto passare una giornata infernale alla madre
OMICIDIO DI MONTORFANO: Un ultimatum ha “armato” la mano di papà Alfonso
L’uomo aveva dato tempo al figlio due ore per fare le valige. Al suo rientro lo ha trovato sdraiato sul divano del salotto dopo aver fatto passare una giornata infernale alla madre
MONTORFANO –
Un ultimatum ha “armato” la mano di papà Alfonso. Si delineano maggiormente i contorni di un gravissimo fatto di sangue che ha letteralmente sconvolto un paesino di poco più di duemila anime dove regna la tra...
MONTORFANO –Un ultimatum ha “armato” la mano di papà Alfonso. Si delineano maggiormente i contorni di un gravissimo fatto di sangue che ha letteralmente sconvolto un paesino di poco più di duemila anime dove regna la tranquillità e dove mai erano accaduti episodi così cruenti: ieri mattina Gerardo avrebbe dovuto presentarsi in fabbrica per il suo primo giorno di lavoro. Invece ha dormito fino a mezzogiorno nonostante la prima scenata con il padre che lo aveva anche “invitato” ad andarsene da casa. Ora in paese si dicono certi che quell’uomo non avrebbe mai fatto del male neppure ad una mosca. Alfonso é salito al Nord 25 anni fa da Canicattì con l’idea di lavorare sodo e mantenere decorosamente la famiglia. Gerardo era il secondo di quattro figli e l’unico a non aver ancora trovato un’occupazione fissa. Questo rappresentava la disperazione del padre ritenendola un’onta: “avere un figlio lazzarone, una vergogna”, avrà chissà quante volte mugugnato fra sé e sé. E quando stamani lo ha visto anche alzare le mani verso di lui… In via Brianza era ormai consuetudine sentirli litigare per la solita storia: di giorno e di notte. Papà e gli altri tre fratelli, Giancarlo, Carmelo e Pino, continuavano a trovargli un posto di lavoro ma lui dopo qualche settimana lo lasciava. Il parroco del paese dice: “Ho l’impressione che quel ragazzo conducesse una vita a sé, fuori dal paese comunque”. Ieri mattina erano le sei e mezza quando Gerardo avrebbe dovuto saltar giù dalla branda per andare a lavorare: il primo giorno dell’ennesimo impiego rimediato tramite il babbo e i fratelli in una azienda di metalli. Invece nulla. Ed ecco le parole rabbiose del padre: “Basta! Qui tu non ci stai più. Prendi le tue cose e vattene da questa casa!”. Parole certamente durissime ma dettate con una fitta al cuore. Gli aveva dato un ultimatum: due ore di tempo per far fagotto. Verso le 9.30 Alfonso Vizzini è salito poi sul suo Ape Car ed è andato alla ricerca di ferro da raccattare, rame da recuperare. Al suo rientro alle 11.30 Gerardo era ancora lì. Dalla moglie Lina viene a sapere di quanto accaduto durante la sua assenza. E lui, Gerardo, seduto sul divano, quasi nulla fosse a guardare la tv in sala. Ora quel figlio che tanto lo faceva disperare, quel bel ragazzo con i capelli lunghi e poca voglia di lavorare, non c’è più. La sua rispettabile vita di sacrifici da emigrante cancellata con tre colpi di una pistola che dice di averla acquistata da uno sconosciuto a Milano. Alfonso Vizzini ha saputo della morte del figlio non appena varcata la soglia del Bassone.
di Bob Decker
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