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CHIASSO / LUGANO

«Non aveva il pieno controllo delle sue azioni»

Delitto di Chiasso: per la difesa non si tratta di assassinio, ma di omicidio intenzionale con dolo eventuale. Chiesti 10 anni di detenzione
Ti-Press
«Non aveva il pieno controllo delle sue azioni»
Delitto di Chiasso: per la difesa non si tratta di assassinio, ma di omicidio intenzionale con dolo eventuale. Chiesti 10 anni di detenzione

CHIASSO / LUGANO - «Non ci sono i presupposti per confermare l’accusa di assassinio». Per la difesa del 28enne somalo, imputato per il delitto di Chiasso del 1 marzo 2024 (e di aggressione e rissa per altri episodi), esistono elementi per «riqualificare il reato come omicidio intenzionale con dolo eventuale». Da qui, la richiesta di 10 anni di detenzione (e il proscioglimento per i fatti del Blu Martini). Il procuratore, lo ricordiamo, in mattinata, aveva proposto una pena di 18 anni e mezzo.

«Il crimine lo accompagnerà per tutta la vita» - «La colpa è gravissima e oggettiva, non ho nessuna intenzione di giustificare quanto compiuto dal mio assistito - ha spiegato l’avvocato Marina Gottardi - che ha fin dall’inizio confermato quanto accaduto, assumendosene la responsabilità. Si tratta di un crimine che lo accompagnerà per tutta la vita».

«Non c'è efferatezza» - Secondo la difesa, il giovane somalo «ha agito in condizione di scemata imputabilità media: non aveva pienamente il controllo delle sue azioni. Inoltre, non si è trattata di un’uccisione premeditata, ma di un’esplosione furiosa. Non c’è efferatezza nella modalità di esecuzione».

«Non sa perché ha ucciso la vittima» - Per quanto riguarda il movente, «non c’è stata una pianificazione strutturata né un disegno criminoso messo a punto con lucidità. L’imputato non è mai riuscito a spiegare, nemmeno a sé stesso, come mai abbia compiuto il gesto. Non voleva uccidere la vittima e non sapeva giustificare la rabbia provata».

«No all'espulsione» - La vittima è stata colpita da 18 fendenti. «Tuttavia - ha aggiunto Gottardi - la giurisprudenza è costante nel ritenere che non basti il numero di colpi a determinare l’aggravante». Da qui la richiesta di riqualificare il reato come omicidio intenzionale, opponendosi alla domanda di espulsione (assenso invece a un trattamento ambulatoriale da eseguirsi durante l’espiazione della pena).

Reati di aggressione: «Estraneo ai fatti» - Inoltre, la difesa ha chiesto il proscioglimento per le accuse di aggressione e rissa perché «estraneo ai fatti. Non c’è prova di coinvolgimento diretto o indiretto». L’imputato ha rinunciato alla richiesta dell’indennizzo per la carcerazione preventiva. In caso fosse riconosciuta, «verrà versata ai famigliari» della vittima del delitto.

Le aggressioni al Blu Martini - Gli ultimi due reati ipotizzati fanno parte di un’altra inchiesta relativa ad alcune aggressioni riscontrate al Blu Martini (gli atti d’accusa sono convogliati in un unico processo). A questo proposito, per l’episodio relativo al 28 gennaio, in cui fu picchiato un giovane svizzero, in totale sono stati chiesti tre proscioglimenti.

«La gang non esiste» - Marco Morelli, difensore del 32enne cubano, ha sottolineato come il «passato» non debba essere «usato per le accuse. Non ci sono elementi per una condanna: la vittima individua due persone. Non ci sono prove che confermino il coinvolgimento del mio assistito. L’idea della gang «è una ricostruzione fantasiosa del procuratore».

«Nessun riscontro dei colpi» - Sabrina Aldi, avvocato del 30enne boliviano, pur «non mettendo in discussione la sofferenza della vittima», ha contestato la ricostruzione dei fatti del giovane svizzero. «I colpi non hanno ritrovato nessun riscontro oggettivo». Chiesto il proscioglimento anche per un altra rissa, avvenuta il 6 febbraio 2022 sempre al Blu Martini. «Per quanto riguarda la commisurazione della pena, qualora si optasse per la condanna, chiediamo sia almeno contenuta entro i tre anni».

«Pena compressa» - Per Carlo Borradori, difensore del 30enne ticinese (unico che ha ammesso, durante il processo, d’aver colpito la vittima), ha sottolineato come non ci siano «testimoni. Nessuno l’ha visto sferrare calci o pugni. Poteva avvalersi della facoltà di non rispondere. Invece ha scelto la strada più difficile». Di quella sera, al Blu Martini, «sappiamo ben poco. Ci sono due o più film differenti». Da qui, la richiesta di una pena «compressa. Permettiamo a questa famiglia che sta per nascere di avere un futuro».

Per le aggressioni al Blu Martini, lo ricordiamo, i reati ipotizzati vanno da tentato omicidio a rissa e aggressione. Il procuratore Moreno Capella ha domandato 4 anni per il 30enne ticinese, 4 anni e 10 mesi per il cittadino boliviano (e sette anni di espulsione) e 4 anni e 2 mesi per il 32enne cubano (per quest’ultimo sono stati chiesti 20 anni di espulsione). Per il 28enne somalo, a processo anche per il delitto di Chiasso (l'accusa è di assassinio), la pena ipotetica ritenuta adeguata per questi fatti è di 3 anni e 4 mesi.

«No vendetta» - La madre del 50enne ucciso, come sottolineato dall’avvocato Samuel Maffi, ha rinunciato al risarcimento per torto morale. «Niente potrà restituirgli il figlio. Non chiediamo una condanna che sia una vendetta, ma una decisione in grado di riconoscere la gravita di quanto accaduto». La vittima del pestaggio al Blu Martini, rappresentata dall’avvocato Micaela Stefania Negro, ha chiesto un indennizzo di 50mila franchi.

La sentenza è prevista per domani alle 17.

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