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LUGANO

«Non ero venuto in Ticino a cercare un obiettivo»

Il giudice Amos Pagnamenta sta interrogando gli imputati per ricostruire il tentato colpo al portavalori
Foto d'archivio (Tipress)
«Non ero venuto in Ticino a cercare un obiettivo»
Il giudice Amos Pagnamenta sta interrogando gli imputati per ricostruire il tentato colpo al portavalori
LUGANO – «Il furgone portavalori l’avevo notato per caso, non ero in Ticino in cerca di un obiettivo». È quanto racconta l’imputato 41enne Amante nell’ambito del processo nei confronti della banda che lo sco...

LUGANO – «Il furgone portavalori l’avevo notato per caso, non ero in Ticino in cerca di un obiettivo». È quanto racconta l’imputato 41enne Amante nell’ambito del processo nei confronti della banda che lo scorso ottobre aveva tentato un colpo a Caslano. «Stavo cercando un avvocato dal quale ero stato anni prima – spiega l’imputato davanti al giudice Amos Pagnamenta – quando ho visto che dal supermercato usciva un uomo con una valigetta abbastanza grande». Soltanto un mese dopo, parlando con il 43enne La Spesa e il 26enne Bondio, il 41enne avrebbe poi proposto di «andare a prendere quella valigetta». In seguito sono stati coinvolti anche gli altri componenti del gruppo, che si sono incontrati almeno cinque volte per organizzare il colpo.

 Ma chi aveva procurato l’attrezzatura elettronica (disturbatori di frequenze, cellulari)? Chi si era occupato delle armi? Chi aveva rubato il furgone? E chi aveva studiato il percorso da seguire? A queste domande la Corte sta cercando di dare una risposta.

Armi vere… per spaventare – Quel giorno la banda era pronta ad agire con armi vere. «Ma si trattava soltanto di spaventare le guardie» sottolinea Amante. Non ci sarebbe dunque stato un motivo particolare, secondo l’imputato, per utilizzare armi vere. E lui stesso sostiene che non era a conoscenza di un colpo caricato in canna alla pistola.

Mettere le mani su 100'000 franchi – Dalle intercettazioni emerge che si parlava di un possibile bottino di mezzo milione. Ma il 41enne sostiene, in aula, che «eravamo convinti che nella valigetta avremmo trovato tra i 50'000 e i 100'000 franchi». Tuttavia sul portavalori c’erano 2,7 milioni.

«Io dovevo avvisare gli altri» - «Era previsto che avvisassi gli altri del passaggio del furgone». Amante spiega allora la suddivisione dei ruoli. Il 37enne Concas avrebbe dovuto restare in zona in caso di necessità. Mentre gli altri quattro si sarebbero occupati del colpo. E se il colpo fosse riuscito? «Avremmo riattraversato il confine e ci saremmo divisi i soldi» afferma il 41enne.

Sulle armi: «Le ho pagate 5'000 euro» - La parola passa a Bondio, il 26enne incensurato. Lui non aveva mai preso parte a una rapina. Ma voleva rendersi utile, si è dunque messo a disposizione per procurare le armi: «Sapevo a chi avrei potuto rivolgermi». Bondio ha dunque acquistato le armi per 5'000 euro. Ne aveva prese più di quelle che servivano effettivamente per il colpo al portavalori: «O le prendevo tutte o non me le vendevano, ma si era detto che servivano solo una pistola e un mitra». Non avrebbe comunque rilevato lui la necessità di agire armati, tantomeno inserito i caricatori nelle armi.

«Lui non sapeva» - Secondo Bondio il 37enne Concas non era a conoscenza del vero piano della banda. «Lui avrebbe soltanto dovuto controllare che non ci fossero pattuglie lungo la strada, con lui si parlava di un furto».
Il dibattimento è aggiornato alle 9.30 di domattina, martedì 27 settembre 2016.

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