Perché i Dadò ogni anno criticano il Festival del film?

Duro attacco di oggi dell'editore Armando Dadò. "Quelle rovinose cadute del Pardo". E accusa Chatrian di aver fatto censura su un film che avrebbe dovuto essere a Locarno
LOCARNO - Puntuale come un perfetto orologio svizzero è arrivato a chiusura del Festival del film l'ennesimo attacco di Armando Dadò alla manifestazione. Con una lettera inviata ai giornali l'editore Dadò parla di "rovinose cadute del Pardo". Non è la prima volta che Armando Dadò si scaglia contro il festival. Lo aveva già fatto in passato con l'edizione di Frederic Maire a proposito di un film sui preti pedofili. Poi era toccato a Oliver Pére e i suoi zombi gay, che avevano gettato nello sdegno più totale l'editore locarnese. Quest'anno a dargli una mano è arrivato anche il figlio Fiorenzo Dadò, che all'indomani della proiezione del film "Sangue" di Pippo Delbono, interpretato dall'ex terrorista Giovanni Senzani, aveva lanciato strali contro la direzione del festival circa l'opportunità di invitare un ex brigatista. Per non parlare delle critiche del clan Dadò a "Zone Umide", "un film da voltastomaco" è stato definito. Verrebbe da chiedersi come mai i Dadò ogni anno si scaglino contro il Festival.
L'anatema di oggi a firma di Armando Dadò, oltre a tornare sui soliti "Zone umide" ("film disgusto" e "schifezza di difficile definizione") e a "Sangue" ("racconto cinico senza emozioni"), prende di mira anche il film di Piazza Grande "Peaches Does Herselti" ("un campionario di erotomania") e arriva perfino a parlare di una presunta censura che Carlo Chatrian avrebbe esercitato scartando un film degno di presenziare a Locarno. "Il festival - scrive Dadò senior - non ha accolto altri film di valore e di carattere sociale. Ha censurato in modo scandaloso opere che descrivono la sanguinosa dittatura messicana degli anni Trenta, con la persecuzione sanguinosa di un intero popolo".
È davvero così? Chatrian ha scartato davvero un film di fondamentale importanza per la nostra conoscenza? Il film di cui fa riferimento Armando Dadò è "Cristiada”, diretto da Dean Wright, pellicola che aveva ricevuto la benedizione di Claudio Mésoniat, direttore del Giornale del Popolo, che tempo fa aveva vivamente invitato Chatrian a portare a Locarno il film messicano. Peccato che si tratti di un film del 2011. Troppo vecchio per un Festival che punta giustamente su prime mondiali o anteprime internazionali.
Ai Dadò, in un certo senso risponde oggi Manuele Bertoli, con un articolo sul suo blog, dove il Consigliere di Stato sottolinea la necessità di autonomia e di libertà da parte di coloro che organizzano un festival. "Data la libertà di critica, senza condizioni, lasciamo a chi deve programmare il festival la libertà, anch’essa senza condizioni, di fare il proprio lavoro. Gli atteggiamenti in odor di censura non dovrebbero più appartenerci da un pezzo, anche se qua e là ogni tanto riaffiorano come relitti rigurgitati dalle acque profonde di una certa inciviltà. (...) Senza questa libertà il festival non sarebbe più tale e tutti quanti perderemmo un valore importante per il nostro Cantone".




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