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SVIZZERA

Uffici regionali di collocamento: il peggiore a Bellinzona

Uno studio della Confederazione ha analizzato un campione di uffici regionali di collocamento della Svizzera: quello di Bellinzona ne è uscito con le ossa rotte. Sergio Montorfani: "Sono sconcertato"
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Uffici regionali di collocamento: il peggiore a Bellinzona
Uno studio della Confederazione ha analizzato un campione di uffici regionali di collocamento della Svizzera: quello di Bellinzona ne è uscito con le ossa rotte. Sergio Montorfani: "Sono sconcertato"
BELLINZONA - La Confederazione ha dato mandato alla società Egger, Dreher & Partner Ag di analizzare il funzionamento di 14 Uffici regionali di collocamento (URC) svizzeri (su circa 150), per capire come devono essere gestiti per funz...

BELLINZONA - La Confederazione ha dato mandato alla società Egger, Dreher & Partner Ag di analizzare il funzionamento di 14 Uffici regionali di collocamento (URC) svizzeri (su circa 150), per capire come devono essere gestiti per funzionare al meglio. Quando si fa una cosa del genere, è inevitabile stilare delle classifiche. Non è però bastata l’anonimizzazione dei vari Urc, identificati solo con dei numeri progressivi. Spulciando un po’ carte e numeri siamo riusciti a far saltare fuori i nomi: i due Urc ticinesi presi in esame sono quelli di Bellinzona e di Chiasso.

Quello sottocenerino ottiene degli ottimi risultati: dal 2007 al 2011 è stabilmente tra i 3-4 migliori. Quello di Bellinzona, invece, è inequivocabilmente ultimo: i suoi risultati sono molto peggiori rispetto alla media svizzera.
A spiccare è un passaggio dello studio. A Chiasso il rapporto tra capo ufficio e il personale è definito cooperativo, a Bellinzona il dirigente viene accusato di lassismo, ovvero di sottovalutare problemi in realtà gravi.

Ma quali sarebbero i pregi e difetti? Uno dei pregi che secondo gli analisti permette all’Urc di Chiasso di avere dei risultati sopra la media è l’attribuzione casuale degli utenti ai collaboratori. Quindi quando qualcuno si rivolge per la prima volta all’ufficio, un meccanismo automatico lo affida a un consulente, questo permette che ogni collaboratore abbia lo stesso numero di casi da seguire. In più a Chiasso sembra che si respiri un’ottima aria. L’ambiente di lavoro è migliore rispetto alla media svizzera e questo fa sì che anche i risultati lo siano.
I colleghi sopracenerini non sembrano vivere una situazione lavorativa altrettanto piacevole. Viene fatto notare che il tasso di fluttuazione del personale è relativamente elevato. Addirittura, a volte, gli altri Urc devono prestare dei consulenti a quello della capitale cantonale.

La lista delle manchevolezze è ancora lunga. A inizio anno con gli impiegati non vengono convenuti degli obiettivi. Le performance dei collaboratori non sono in alcun modo misurate. Quindi, quando sbagliano i consulenti non sanno nemmeno di farlo. In questo ufficio si frequenta meno formazione continua rispetto agli altri. Non vi è un controllo sistematico dei dossier. Non vi è scambio di opinioni tra superiori e sottoposti a proposito dei dossier trattati.
Gli unici obiettivi da raggiungere sono quelli fissati dall’Ufficio cantonale del lavoro. Questo non crea una filosofia d’impresa. E infine anche l’attribuzione casuale dei casi, come avviene a Chiasso, a Bellinzona crea dei problemi. Infatti se un collaboratore si trova ad avere meno dossier gliene vengono attribuiti alcuni già avviati da altri. Creando discontinuità tanto per il consulente che per il disoccupato.

È da sottolineare che alcuni dei metodi di lavoro contestati fanno parte della procedura standard in tutto il Cantone. Perché bastonare Bellinzona? Abbiamo contattato l'Amministrazione cantonale. Sergio Montorfani, Capo della Sezione del Lavoro, non vuole ancora esprimersi sui contenuti dello studio. Intende invece chiedere spiegazioni alla Seco per aver reso facilmente riconoscibili gli Urc ticinesi. Tutti i collaboratori, tanto i dirigenti quanto i sottoposti, avrebbero meritato una maggiore protezione. "Sono sconcertato perché non credo sia il metodo di lavorare. I nostri Urc hanno collaborato a questa indagine con la massima disponibilità e la massima trasparenza, proprio perché ci interessa sapere se abbiamo dei margini di miglioramento. Scoprire oggi che il documento non solo è pubblicato, ma addirittura leggibile in questo modo, non solo mi sconcerta: sono preoccupato per i miei collaboratori, perché si trovano messi in vetrina su cose che avrebbero preferito veder trattate con la dovuta discrezione".

Aggiornamento - Anche il DFE con una nota stampa si rammarica che lo studio sia stato pubblicato senza che gli uffici, oggetto di valutazione, abbiano potuto presentare le loro osservazioni, come pure che lo studio consenta di identificare gli URC interessati benché la sua impostazione dovrebbe essere di carattere generale.

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