Pollo al cloro e manzo agli ormoni: «La carne USA sia etichettata in maniera chiara»

L'ACSI: «Non sacrifichiamo i consumatori svizzeri per i dazi di Trump»
BELLINZONA - «Per ottenere da Trump una riduzione dei dazi doganali non possono essere sacrificate le consumatrici e i consumatori svizzeri».
A dirlo, tramite una nota, è l'Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana (ACSI). «Se fra le tremila tonnellate di carne USA - continua - che la Svizzera dovrà importare si troveranno anche prodotti con standard decisamente diversi dai nostri, la trasparenza in etichetta è imperativa».
La notizia degli scorsi giorni desta preoccupazione in seno all'ACSI e alle altre organizzazioni dei consumatori. «Per placare l'amministrazione Trump e ottenere una riduzione dei dazi doganali affibbiati ai prodotti elvetici, ci troveremo probabilmente costretti a importare ingenti quantità di carne USA. Che potrebbe includere pollo lavato in una soluzione al cloro, una pratica vietata in Svizzera e nell'UE. Ma anche carne di manzo trattato con antibiotici e ormoni della crescita».
Visto che il lavaggio con il cloro è vietato nel nostro paese, «l'eventuale importazione di carne di pollo di questo tipo deve essere permessa unicamente con un'etichettatura chiara. Questo vale anche per la ristorazione. Il fatto che si dovranno con ogni probabilità importare 500 tonnellate di carne bovina all'anno, 1500 di pollame e 1000 di carne di bufalo è già di per se motivo di sconcerto. Quasi come se le consumatrici e i consumatori svizzeri debbano "ingurgitare" a forza i dazi di Donald Trump».
A preoccupare l'ACSI è anche il monitoraggio del rispetto delle norme nel settore della ristorazione. «La tentazione di ricorrere a carne USA che si troverà priva di qualsiasi dazio e quindi con un accesso "privilegiato", potrebbe essere forte. Anche in questo caso dovrà essere garantita la trasparenza verso le consumatrici e i consumatori. L’ACSI continuerà insieme alle altre organizzazioni dei consumatori a monitorare gli sviluppi di questa vicenda preoccupante, che non mette in crisi solo la nostra sicurezza alimentare ma anche la produzione interna, che subirà la concorrenza sleale di questi prodotti».




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