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«È in mezzo al disagio che il terrorismo trova terreno fertile»

LUGANO«È in mezzo al disagio che il terrorismo trova terreno fertile»

19.09.22 - 19:33
Sentenza sull'accoltellatrice del supermercato. L'esperto Stefano Piazza: «La donna ha bevuto da una fonte avvelenata».
Ti-Press (archivio)
«È in mezzo al disagio che il terrorismo trova terreno fertile»
Sentenza sull'accoltellatrice del supermercato. L'esperto Stefano Piazza: «La donna ha bevuto da una fonte avvelenata».

LUGANO - Si chiude con una condanna a nove anni di carcere, sospesi in favore di un trattamento stazionario, il caso dell’accoltellatrice che il 24 novembre del 2020 seminò il panico in un supermercato di Lugano. Sulla sentenza pronunciata dalla giudice Fiorenza Bergomi resta, tuttavia, qualche interrogativo. Vista l’instabilità mentale dell’imputata, è giusto confermare il movente terroristico? Stefano Piazza, giornalista ed esperto di terrorismo, di dubbi non ne ha. «È terrorismo anche questo – sostiene –. Mai sentito di un terrorista sano di mente. Follia e terrorismo vanno sempre a braccetto».  

L’hanno definita un lupo solitario. Sul suo conto, un doppio tentato assassinio a sfondo jihadista. L’autrice del gesto però mangiava carne di maiale, si prostituiva, conosceva poco il Corano…
«Non significa nulla. Il fatto di non fare parte dei circoli ufficiali non cambia la sostanza. La stragrande maggioranza dei terroristi non conosce il Corano. Non sa neanche di cosa parla. È tutta gente che agisce perché il brand dello Stato islamico cavalca il disagio».

Per quanto riguarda il caso di Lugano non c’è stata alcuna rivendicazione da parte dell’Isis. Quanto conta questo aspetto?
«L’Isis fa ciò che gli conviene. Ha lo scopo di terrorizzarci e basta. Se questa ragazza al posto di ferire due persone ne avesse uccise dieci, forse ci sarebbe stata una rivendicazione. La donna ha pur sempre gridato “Allah è grande”. La motivazione religiosa c'è. Il movente è terroristico».  

I legami con lo Stato islamico erano davvero minimi.
«Fosse stata veramente legata allo Stato islamico, questa donna avrebbe fatto un video di rivendicazione prima. È un dato di fatto. È però evidente che la ragazza si nutriva di un certo tipo di propaganda. Si è abbeverata da una fonte avvelenata».  

Come lei, tanti altri?
«Sì. Ho studiato il caso di un medico australiano, di origine bosniaca. Viveva a Sidney, era ben inserito nella società. Ha avuto una delusione personale. Nel giro di sei mesi era in Siria e si faceva fotografare con persone a cui aveva tagliato la testa. Allo stesso tempo, pubblicava i video in cui lui stesso curava persone in un ospedale di Aleppo». 

Torniamo alla propaganda. Quanto conta?
«Tantissimo. Attraverso vari canali riesce a coinvolgere persone che stanno attraversando momenti di grande difficoltà o che magari hanno delle turbe. Per quanto riguarda l’accoltellatrice di Lugano siamo di fronte a una terrorista autodidatta, che si è radicalizzata sul web. Ha agito seguendo un’idea folle, estrema. E durante il processo non si è assolutamente pentita». 

Qual è la situazione generale nella Svizzera italiana?
«La Svizzera non è immune. Non vedo per quale motivo una persona instabile, che inizia a farsi condizionare dagli "slogan" dell’Isis, non possa colpire anche in Svizzera. Siamo messi esattamente come gli altri Paesi. Il Ticino è un luogo di frontiera, abbiamo accanto la Lombardia che ha gravi problemi col terrorismo di matrice islamica. Le autorità fanno il massimo che possono fare. Non è facile».    

In questi mesi si svolge il processo per la strage di Nizza, tragico fatto risalente al 14 luglio 2016. Anche in quel caso la psiche dell’autore non era completamente stabile.  
«L'autore della strage di Nizza aveva attorno a sé un gruppo di persone che lo sosteneva. Fa molta differenza. È altrettanto vero che anche nel suo caso la componente psichica ha avuto un peso importante». 

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