Video porno dei coetanei in rete, boom di denunce tra i teenagers. Per la legge, il minore non va punito. È giusto? Parla Folco Galli, portavoce del Dipartimento federale di giustizia e polizia
BELLINZONA – «Noi continueremo a fare prevenzione. Il pugno duro non serve a nulla». Così la pensa Folco Galli, portavoce del Dipartimento federale di giustizia e polizia. Eppure, considerando il boom di giovani denunciati dopo avere condiviso video pornografici dei compagni di scuola tramite internet (si veda il recente articolo della NZZ), alcuni interrogativi sono d’obbligo. Perché il fenomeno riguarda soprattutto i teenagers. Lo si è visto nella Svizzera italiana, dove circa un anno fa centinaia di foto di ragazzine sono state condivise sulle chat di WhatsApp anche da under 16. Per poi finire catalogate in un archivio di DropBox.
Signor Galli, cosa rischia, a livello di sanzioni, un minorenne che mette in rete foto pornografiche legate al proprio partner?
Secondo il Codice penale, un adulto che mostra o rende accessibili a una persona minore di 16 anni immagini pornografiche è punito con una pena detentiva sino a 3 anni o con una pena pecuniaria. Tuttavia, se l’autore è minorenne si applica il diritto penale minorile che è incentrato sulla prevenzione.
Quindi nessuna sanzione giudiziaria?
Nei confronti dei minorenni si rinuncia spesso a pronunciare una pena in senso stretto, preferendo misure di carattere educativo o terapeutico. Un minorenne che mette in rete foto pornografiche di regola viene ammonito. Oppure, nei casi di recidiva, è tenuto a fornire una prestazione personale, per esempio in favore di istituzioni sociali.
Ritiene che i minorenni autori di questi gesti siano consapevoli del fatto che quello commesso è un reato?
A dedurre dall’aumento dei delitti legati alla pornografia commessi da minorenni, sembra che molti non ne siano consapevoli.
A maggior ragione, eccezionalmente non sarebbe il caso di inasprire i provvedimenti?
Il Consiglio federale si è dichiarato ripetutamente contrario a un inasprimento del diritto penale minorile. Che non è incentrato sulla ritorsione, bensì sulla prevenzione. Le pene senza la condizionale sono irrogate solo se necessarie per trattenere il minore dal commettere nuovi crimini.
Questo fenomeno sta causando veri e propri drammi alle vittime e alle loro famiglie. Davvero siete convinti che con la sola prevenzione si arrivi ad arginare il problema?
Oggi è riconosciuto che soprattutto le pene detentive sono controproducenti e non sono atte a impedire ai giovani di commettere nuovi reati. Per contro, le misure educative e terapeutiche risultano spesso di gran lunga più efficaci in vista del reinserimento sociale dei giovani e per impedire la recidività. Anche in Germania si è giunti alla conclusione che le sanzioni più severe non sono più efficaci nel prevenire le recidive.
Concretamente cosa significa puntare sulla prevenzione?
Va promossa in primo luogo la competenza mediale per sensibilizzare i minorenni, i genitori e gli adulti di riferimento ai rischi legati al sexting. Oltre alla campagna di Pro Juventute, è da segnalare la piattaforma nazionale per la promozione delle competenze mediali “Giovani e media” che sul suo sito internet informa sui rischi collegati all'uso dei media digitali. È stato inoltre pubblicato un opuscolo destinato ai genitori, con consigli per un utilizzo sicuro dei media digitali. Ed è stata anche lanciata una guida sulle competenze mediali nella vita scolastica a sostegno degli insegnanti e dei direttori di scuola.
A un minore di 16 anni non possono essere mostrati contenuti pornografici. Così recita la legge. Non le sembra anacronismo, in un’epoca in cui sono anche gli stessi minorenni a produrre questo materiale?
No. La legge in questione deve tutelare i minorenni di fronte a eventuali gesta degli adulti. Per quanto riguarda la sensibilizzazione dei minori, invece, come detto si percorreranno altre vie.