Tattoo tra i giovani: l'avanzata della svastica

Dal tatuaggio ai simboli neonazisti sul banco di scuola: solo una pericolosa moda o c'è di più?
LUGANO - Qualche settimana fa, Michelle Hunziker ha licenziato in tronco il suo bodyguard, ventiseienne, perché sul suo braccio destro era raffigurato l’agghiacciante “pugno bianco”. Alla luce di questo episodio viene da chiedersi a quale età possano svilupparsi tali ideologie. Ne abbiamo parlato con chi si confronta quotidianamente con questa problematica poiché, spesso, sui mezzi pubblici capita a tutti di imbattersi in innumerevoli discorsi profusi da gruppi di adolescenti: discutono di scuola, di musica, di sport, di moda, ma a volte le conversazioni degenerano e scadono in preoccupanti “chiacchierate” a sfondo xenofobo.
Simbologia inquietante sulla pelle - Un tatuatore luganese afferma che “talvolta una piccola parte della clientela intorno ai diciotto/vent’anni richiede la simbologia nazista. Alcuni di noi rifiutano il lavoro a priori, mentre altri, nonostante siano figure che incitano violenza, pur di arrotondare il bilancio a fine mese, non si creano troppi scrupoli… Ovviamente non mi è mai capitato con i minorenni, anche perché dovrebbero essere accompagnati dai genitori.”
“Purtroppo, non è affatto raro incappare in figure legate all’estrema destra – sostiene un collega del Sopraceneri – nel mio negozio si presentano spesso persone adulte con una nutrita collezione già tatuata sul petto o sulla schiena…”
Sui banchi di scuola - “In alcuni periodi capita di trovare delle svastiche disegnate sui banchi – afferma Claudio Bignasca, Direttore della Scuola Media di Pregassona – ma sono convinto che questi ragazzi non sono assolutamente in grado di conoscerne l’effettivo significato. Credo ci sia semplicemente una volontà di appartenere ad un gruppo, ma per loro non è importante quale, e, soprattutto, sono delle situazioni assolutamente prive di qualsiasi ideologia. Più tardi, tra i quindici e i vent’anni, purtroppo, possono subentrare delle pseudocertezze dettate da assurdi stereotipi appresi da un genitore o da un amico più grande.”
Emulazione? - “Questo lo definirei una sorta di razzismo strisciante – sostiene Francesco Mismirigo, Delegato cantonale per l’integrazione degli stranieri – Le descriverei come battute di cattivo gusto che vogliono emulare epiteti recepiti qua e là negli anni – continua – È vero, questi toni fanno malissimo, ma non credo che alla base ci sia una vera e propria ideologia razzista.”
“Uno dei ruoli della Commissione cantonale per l’integrazione degli stranieri è quello di monitorare i vari aspetti del territorio – afferma Mismirigo - e uno dei punti che la futura Commissione intende aggiungere all’intero lavoro si colloca proprio nell’osservazione delle situazioni di disagio legate al razzismo. Per ora, però, non ci sono numeri o statistiche capaci di raccogliere episodi o vicende inerenti questa problematica. Da quando sono in carica come delegato, quindi da poco più di un anno, ho ricevuto soltanto due segnalazioni telefoniche da persone adulte che, secondo loro, sono state vittime di attacchi a sfondo razzista. È giusto ammettere che è anche molto facile accusare qualcuno di razzismo banalizzando il senso del termine, dipende sempre da come viene recepito un ragionamento, un messaggio. È anche chiaro, però, che se una situazione degenera è indubbiamente opportuno segnalarla…”
Marco Sestito
Foto Internet




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