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Un road movie e storie al femminile

Nel weekend due opere prime e un secondo film di registe donne
Un road movie e storie al femminile
Nel weekend due opere prime e un secondo film di registe donne
Marisa Marzelli T re registe donne in concorso nel weekend, insieme a Gus Van Sant, del cui Gerry si parla invece a pagina 25. Mentre Meisje ( opera prima di Dorothée Van den Berghe) e Personal Velocity ( opera seconda di Rebecca Miller) pro...
Marisa Marzelli

T re registe donne in concorso nel weekend, insieme a Gus Van Sant, del cui Gerry si parla invece a pagina 25. Mentre Meisje ( opera prima di Dorothée Van den Berghe) e Personal Velocity ( opera seconda di Rebecca Miller) propongono entrambi, pur con estetiche ed intenti diversi, il ritratto di tre donne, l’austriaca Dusl propone con l’opera prima Blue Moon un road movie attraverso i Paesi oltre l’ex cortina di ferro. È un viaggio a suo modo surreale, alla scoperta dei misteri e degli imbrogli di una società ex comunista in fregola di buttarsi tra le braccia del capitalismo. L’occidentale Johnny ne vede di tutti i colori, a partire da una bella bionda che – dopo essersi sbarazzata di un mafioso – lo imbarca su un’auto rubata per poi sparire quando l’uomo comincia a innamorarsene; ma lui la insegue e scopre che ha una sorella gemella bruna, di professione taxista. E se invece la bionda e la mora fossero la stessa persona? Intanto si è appiccicato all’uomo un piccolo imbroglione dell’ex Germania comunista. Per essere un’opera prima, Blue Moon è un film piuttosto complesso ( il protagonista gira spesso con una videocamera, rafforzando il concetto del registrare la realtà) e pieno di sorprese, con una predilezione per il discorso metaforico, particolarmente azzeccato nella parte finale. Quando Johnny dà appuntamento alla ragazza che forse è anche una call- girl - a Odessa, procurandole un biglietto per partire insieme in nave. E nelle inquadrature in cui la giovane donna, portandosi appresso la valigia con le rotelle, scende la più famosa scalinata della storia del cinema, quella della Corazzata Potemkin di Ejzenstein, cinefilìa, politica e commedia si fondono bene in immagini dai significati plurimi. La nave Potemkin era un’icona del vento della rivoluzione bolscevica, mentre ora c’è stata un’altra rivoluzione e le tre sorelle cechoviane non direbbero più « a Mosca, a Mosca » ma « all’ovest, all’ovest » . Solo che in Blue Moon la ragazza sale sulla nave, mentre il suo innamorato occidentale rimane a terra. Pazienza, si ricongiungeranno in acqua, lui saltando dalla banchina e lei dal parapetto dell’imbarcazione, naturalmente con Blue Moon come colonna sonora. TRE DONNE AMERICANE In Personal Velocity, invece, Rebecca Miller – figlia del più grande commediografo americano vivente – ha diretto e sceneggiato il libro omonimo scritto da lei stessa. Sono tre ritratti di donne, diverse per personalità e classe sociale; le loro vicende sono legate da un filo sottile, quasi un pretesto, ma quel che conta è l’analisi di come ognuna di queste tre persone reagisca alla realtà in cui è immersa e di come ognuna decida di dare una svolta alla propria vita. La prima è in fuga con i figli da un marito violento ma del quale è ancora innamorata; la seconda appartiene ad una famiglia ricca ed ha un padre importante, è ambiziosa ed ha sposato un uomo mite e non all’altezza dei suoi obiettivi, che decide freddamente di abbandonare quando la sua carriera in una casa editrice decolla all’improvviso; la terza è sfuggita per puro caso ad un incidente mortale e questo la fa decidere a cambiare il modo di rapportarsi agli altri. Il terzo episodio è il più elaborato e forse il più artificioso. Ma i tre ritratti sono complessivamente molto sottili, con un’analisi profonda di differenti psicologie femminili. La velocità personale e del tutto individuale è il modo di reagire ( comprese le conseguenze che ne derivano) agli elementi esterni con i quali ognuno deve confrontarsi. La personale velocità di reazione è anche il destino che ci si costruisce. Girato in digitale, con una certa sofisticatezza al di là del budget modesto, il film rivela la personalità matura della cineasta e la sua capacità di controllare il film in tutte le componenti, non solo quella narrativa. Personal Velocity ha vinto quest’anno il Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival. TRE DONNE EUROPEE Più acerba e scontata l’opera prima Meisje, della 34. enne Dorothée Van den Berghe. È la storia di Muriel, ventenne di provincia che lascia la famiglia e va a vivere da sola in città, incontrando difficoltà e delusioni e vivendo la fase di passaggio dall’adolescenza all’età adulta attraverso il classico racconto d’iniziazione. A fianco della giovane protagonista la donna più matura che le affitta una stanza e che vive una fase di instabilità sentimentale legata ad un frustrato desiderio di maternità. Terzo personaggio femminile principale, che assume un ruolo più rilevante solo nella seconda parte del film, la madre della protagonista, la quale riscopre, dopo essersi occupata solo della famiglia, il piacere di cedere ad un antico amore. Ma la regista ha qualche difficoltà a controllare e atrasmettere allo spettatore tutte le sfumature che il racconto vorrebbe contemplare.

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