Gli sponsor abbandonano il Pride. E forse anche i partecipanti

Quest’anno, l’impegno delle aziende verso le cause queer appare in netto calo. Il motivo? Donald Trump, ma non solo.
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ZURIGO - Giugno è tradizionalmente il mese del Pride, celebrato in molte parti del mondo. Negli ultimi anni, questa ricorrenza ha spinto numerose aziende a tingere loghi e sedi con i colori dell’arcobaleno. Tuttavia, il trend sembra ora in fase calante.
Sempre meno grandi marchi scelgono di esporsi pubblicamente a sostegno della comunità LGBTIQ+. Un segnale evidente è arrivato dalla parata del Pride di Zurigo, dove due sponsor principali, Swisscom e l’azienda farmaceutica Gilead, si sono ritirati completamente o quasi. Il risultato? Un buco di 150.000 franchi nel budget dell’evento.
Il fattore Trump - Secondo alcuni osservatori, alla base di questa inversione di rotta ci sarebbe l’influenza dell’ex presidente statunitense Donald Trump, che ha alimentato un clima di ostilità verso la diversità nei luoghi di lavoro. Di conseguenza, aziende come Novartis hanno rimosso dai propri siti web dichiarazioni di impegno su inclusione e diversità. Alcune hanno persino cancellato gli obiettivi in tal senso, con effetti percepibili anche in Svizzera.
Anche i partecipanti al Pride di Zurigo confermano questa tendenza. La coppia formata da Stefan (55) e Andrew (49), di Wädenswil, pur sostenendo che il movimento sia ancora vitale, riconosce le difficoltà del momento. «Ora si vede chiaramente chi faceva solo pinkwashing e chi invece sosteneva davvero il movimento», commenta Stefan. Il pinkwashing si riferisce a quelle aziende che adottano simboli arcobaleno a giugno solo per fini d’immagine, senza un reale supporto alla causa.
Ronny Tschanz, dell’associazione Zurich Pride, ha confermato alla NZZ che l’attuale clima culturale – in parte eredità della retorica trumpiana – rende le aziende più caute nel manifestare apertamente il proprio sostegno alle persone queer. Ma Trump non è l’unico fattore: secondo Tschanz, anche la congiuntura economica incerta ha portato le aziende a ridurre in generale le spese, inclusi gli investimenti in sponsorizzazioni.
Contattata dalla stampa, Swisscom ha precisato che la decisione di non partecipare quest’anno al Pride non è legata a ragioni politiche: «La scelta rientra in una revisione complessiva delle nostre attività di sponsorizzazione», ha dichiarato. L’azienda ribadisce comunque il proprio impegno a favore della diversità e della comunità LGBTQIA+: «Non possiamo dire ora se parteciperemo il prossimo anno; la decisione sarà valutata in futuro».
Gilead, dal canto suo, ha sottolineato che «eccellenza, inclusione, integrità e lavoro di squadra» restano valori fondamentali dell’azienda.
Non solo sponsor in fuga - Il calo di entusiasmo non riguarda solo gli sponsor. Anche la partecipazione ai Pride sembra in diminuzione. Un video circolato su TikTok mostra l’EuroPride di Lisbona – uno degli eventi più importanti in Europa – apparentemente deserto.
«La stanchezza da Pride è reale», commenta un utente. Tuttavia, c’è anche chi ridimensiona l’accaduto, sostenendo che il video sia stato girato a mezzogiorno, ben prima dell’inizio ufficiale della festa.
A Zurigo, le opinioni restano divise. «Nel mio ambiente non percepisco stanchezza, ma nella società sì», osserva Marlies (54), intervistata da 20 Minuten. «L’accettazione sociale non è ancora pienamente raggiunta: per questo dobbiamo continuare a farci vedere».
Di parere opposto Fabio (39): «Molte persone oggi si sentono ben integrate e forse non avvertono più la necessità di manifestare. Abbiamo già raggiunto molti traguardi».